Laika Cane Luna Quando Muore
Ma chi era Laika? – Laika è stata scelta tra 3 candidate: Albina, Muschka e Laika. Tutte femmine in quanto, non avendo l’esigenza di alzare la zampa per urinare, richiedevano meno spazio. Era un cane adulto di circa tre anni, pesava sei chili ed era randagia, era stata infatti presa in una strada di Mosca.

Di carattere era molto docile e molto intelligente, si era ‘guadagnata’ il ruolo di astronauta perché aveva passato tutti i test :. E’ stata il primo essere vivente ‘spedito’ nello spazio per orbitare intorno alla Terra e, visto che ai tempi ancora non era possibile permettere il ritorno in sicurezza del veicolo spaziale, gli scienziati erano già consapevoli che non sarebbe sopravvissuta,

Il suo ruolo consisteva nel permettere ai ricercatori di comprendere se fosse possibile vivere nello spazio in assenza di gravità, il tutto per 8-10 giorni: Laika però morì poche ore dopo il lancio, dopo aver compiuto 9 orbite intorno alla Terra. La cagnolina, così come gli altri soggetti ‘selezionati’, era stata abituata a restare in una capsula pressurizzata di 80 centimetri, che via via sono stati ridotti sempre più, all’interno della quale ogni movimento era molto difficile.

Come è morta Laika nello spazio?

«Le chiesi di perdonarci, e ho pianto mentre l’accarezzavo per l’ultima volta», raccontava la biologa russa Adilya Kotovskaya: classe 1927, scomparsa nel 2020, era l’ultima persona ad avere avuto un contatto con la cagnetta Laika alla vigilia del suo lancio nello Spazio: il giorno dopo, il 3 novembre 1957, Laika diventava il primo terrestre in orbita attorno alla Terra. Laika morì nel suo piccolo box per surriscaldamento, sola e probabilmente folle di paura. Purtroppo il volo di Laika non seguì il più compassionevole piano previsto. La cagnetta avrebbe dovuto roteare attorno alla Terra per circa 8 giorni prima che una iniezione letale ponesse fine alla sua vita, senza sofferenze. La sorte invece volle che tutto andasse come da programma solo per alcune ore, giusto il tempo di 9 orbite.

All’inizio «la missione andava come previsto: al lancio, i battiti del cuore di Laika accelerarono notevolmente, ma dopo 3 ore era tornata alla normalità», ricordava Kotovskaya. La piccola cagnetta era stata addestrata al lancio grazie a centrifughe non molto diverse da quelle che si usano ancora oggi, ed era stata abituata a vivere in uno spazio angusto, com’era la capsula dello Sputnik 2.

La bugia. Improvvisamente, durante la decima rivoluzione attorno alla Terra, la temperatura all’interno della capsula iniziò a salire, fino a superare i 40 gradi, probabilmente a causa di un insufficiente isolamento della capsula dai raggi solari. In poche ore Laika si ritrovò completamente disidratata e morì per surriscaldamento.

La radio sovietica però continuò a trasmettere aggiornamenti quotidiani, riportando che tutto stava funzionando alla perfezione, secondo il programma, e sempre secondo i piani la navicella infine precipitò nell’atmosfera, 5 mesi dopo, il 14 aprile 1958, disintegrandosi sopra i cieli delle Antille: Laika comunque non ne aveva sofferto – si affermò – perché pietosamente soppressa dall’inizione letale.

La versione ufficiale venne sostenuta a lungo: la vera storia di Laika venne fuori solamente anni dopo. Era un bastardino di circa tre anni, sei kg di peso: «Scegliemmo una femmina», spiega Kotovskaya, «perché per urinare non aveva bisogno di alzare una zampa e questo permetteva di risparmiare spazio. 3 novembre 1973, un altro anniversario: inizia l’impresa memorabile della Mariner 10 (Nasa), la prima sonda a visitare due pianeti (Venere 2/1974 e Mercurio 3/1974), la prima a sfruttare l’effetto fionda, la prima a usare la pressione del vento solare solare a scopo propulsivo, la prima ad aver visitato Mercurio. Cani, mosche e Gagarin, Un’impresa, quella di Laika, che neppure servì alla scienza (com’è stato ammesso da scienziati russi negli anni successivi), se non per dimostrare ciò che già si sapeva, ossia che un essere vivente poteva sopravvivere al lancio.

Dopo quel 1957 bisognerà attendere tre anni prima di vedere due cani, Belka e Strelka, un coniglio grigio, decine di topi, mosche, piante e funghi lasciare la Terra e tornare vivi dopo un giorno nello Spazio: era l’agosto del 1960. Queste imprese convinsero le autorità sovietiche che, seppure estremamente rischiosa, si poteva concretizzare la missione di un uomo nello Spazio, e nell’aprile del 1961 venne il turno di Jurij Gagarin,

Fotogallery 10 aneddoti poco noti sulla corsa allo Spazio Una delle manifestazioni più note della rivalità tra Stati Uniti e URSS nel corso della Guerra Fredda fu una gara senza esclusione di colpi nell’esplorazione dello Spazio. Nella prima era spaziale, i successi della superpotenza nemica servirono da sprone per migliorare le proprie tecnologie militari e ingegneristiche, e spingersi sempre un gradino più in là.

La corsa allo Spazio ha prodotto la messa in orbita dei primi satelliti, l’uscita dall’atmosfera terrestre, l’allunaggio; oggi una distensione nei rapporti tra USA e Russia permette agli astronauti della ISS di cooperare e supportarsi a vicenda. Ma quell’epoca, conclusa nel 1975 con il Programma test Apollo-Soyuz (l’aggancio tra una navicella Apollo e una capsula Soyuz in orbita terrestre), conserva anche alcune storie curiose e meno note, che vi vogliamo raccontare.

Foto: © Ekaterina Minaeva / Alamy / IPA Sia gli USA sia l’URSS attinsero da tecnologie naziste. Il 3 ottobre 1942 Walter Dornberger, ingegnere e militare nazista in prima linea nella realizzazione di razzi per uso bellico (nella foto a sinistra, col cappello), esultava per aver inviato con successo e per la prima volta un missile V2 A-4 nello Spazio: prima di schiantarsi a quasi 200 km di distanza dal sito di lancio, il razzo aveva raggiunto gli 80 km di quota.

Alla fine della Guerra, USA e URSS provarono a spartirsi quel che rimaneva delle menti che avevano lavorato per la Germania di Hitler. Gli Stati Uniti intrapresero persino l’Operazione Paperclip, un progetto di reclutamento con lo scopo di sottrarre ai rivali sovietici le conoscenze scientifiche acquisite dai tedeschi.

Foto: © Wikimedia Commons Ci furono dispute sul “possesso” dello Spazio. A chi appartiene lo Spazio? Come stabilire confini da rispettare e non invadere? Nei primi anni ’50, mentre si studiava per mandare in orbita i primi satelliti americani, l’allora Presidente degli Stati Uniti Einsenhower si pose il problema di dover inviare satelliti USA in orbita anche sopra al territorio sovietico, un fatto che si sarebbe potuto interpretare come una violazione della sovranità rivale.

Iniziò quindi a lottare per il concetto di “Freedom of Space”, che prevedeva che tutto ciò che si trovasse sopra ai 100 km di quota fosse definibile Spazio, non appartenente a nessuno. L’URSS rimase a lungo in disaccordo (per non permettere al nemico di avere satelliti sopra al proprio territorio) ma dovette cedere dopo l’ottobre 1957, quando mise in orbita con successo lo Sputnik 1, primo satellite artificiale.

Foto: © Wikimedia Commons Adv Esiste un accordo per non bombardare la Luna. Sembra uno scenario fantascientifico, eppure l’articolo 4 del Trattato sullo spazio extra-atmosferico, firmato il 27 gennaio 1967, consente l’utilizzo del suolo lunare e degli altri corpi celesti esclusivamente per scopi pacifici, e impedisce di stabilirvi fortificazioni, basi militari, di bombardarlo nell’ambito di test di qualunque tipo e di rivendicarne la sovranità. I cosmonautici sovietici avevano pistole laser. Furono sviluppate negli anni ’80 con lo scopo di mettere fuori uso, con flash di luce, i sensori ottici di satelliti o sonde nemiche. Anche se non furono mai usate, si diceva potessero accecare chiunque nel raggio di 20 metri, anche attraverso i caschi. USA e URSS avevano un piano per andare insieme sulla Luna. Nel 1963, nell’ambito di un tentativo di cooperazione, alcuni scienziati della NASA furono invitati presso l’Accademia sovietica delle Scienze per un confronto sui rispettivi programmi spaziali.

Emerse il fatto che l’URSS aveva apparentemente rinunciato a inviare l’uomo sulla Luna. L’allora Presidente Kennedy non sembrò crederci, ma quello stesso anno si espresse pubblicamente a favore di una “nuova cooperazione per una missione congiunta sulla Luna”. Si dice che il leader sovietico Nikita Khrushchev (nella foto accanto agli astronauti Yuri Gagarin, Pavel Popovich e Valentina Tereshkova) stesse considerando di accettare l’offerta, ma il 22 novembre 1963 Kennedy fu assassinato, e le trattative naufragarono.

Foto: © Wikimedia Commons Adv Una sonda sovietica si schiantò sulla Luna durante l’allunaggio. La sonda Luna 15 fu inviata sul nostro satellite per prelevare campioni di suolo in una missione affrettata per precedere l’allunaggio americano. Si immise in orbita lunare il 17 luglio 1969, tre giorni prima dello sbarco sulla Luna, e si schiantò su una montagna lunare il 21 luglio, il giorno dei primi passi di Armstrong e Aldrin.

La missione rappresentò anche una delle prime forme di cooperazione tra USA e URSS: preoccupati che la sonda potesse interferire con le trasmissioni radio dell’Apollo 11, gli americani contattarono l’Accademia Sovietica delle Scienze: con un telegramma, caso rarissimo, i russi risposero che non ci sarebbero state interferenze.

Nella foto, il modulo lunare della missione Apollo 11 si avvicina al modulo di comando pilotato da Collins. Foto: © 8383/GAMMA Neil Armstrong portò Gagarin sulla Luna. O meglio, vi portò una sua medaglia: la sacca contenente ricordi degli astronauti sovietici Vladimir Komarov e Yuri Gagarin, morti rispettivamente nel 1967 e nel 1968, fu lasciata da Armstrong e Aldrin sulla superficie lunare. I sovietici erano pronti ad andare a salvare l’Apollo 13. Durante il rientro della sfortunata missione del 1970, seguito con ansia da tutto il mondo, agenzie di stampa russe fecero sapere che le navi sovietiche nel Pacifico e nell’Atlantico si stavano tenendo pronte a soccorrere gli astronauti in un eventuale ammaraggio, e che alle forze di terra era stato comandato altrettanto. L’ultima missione Apollo fu una collaborazione con l’URSS. Il Programma test Apollo-Sojuz (ASTP), la prima collaborazione ufficiale tra USA e Unione Sovietica in ambito spaziale, vide, nel luglio 1975, una capsula Soyuz agganciarsi con una navicella Apollo in orbita terrestre.

In quell’occasione i membri dell’equipaggio passarono da una navicella all’altra, nell’arco di quasi due giorni trascorsi a fare esperimenti congiunti. Gli equipaggi impararono persino le lingue degli ex rivali, in una missione distensiva che avrebbe aperto la strada all’epoca degli Shuttle e della MIR.

Foto: © 8383/GAMMA USA e URSS considerarono una missione congiunta su Marte. L’idea di un programma congiunto di esplorazione robotica di Marte fu concepita all’indomani dell’allunaggio americano, supportata da Gorbaciov e alimentata con i primi passi nel 1988. Ma poi il presidente Reagan si tirò indietro perché vedeva nella missione un investimento di denaro eccessivo, e perché non considerava più l’URSS un partner forte nella corsa allo Spazio.

Quando è morta la cagnolina Laika?

Laika – Se stai cercando altri significati, vedi,

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Francobollo rumeno del 1959 su Laika. Laika ( in : ́, : Lajka, “Piccolo abbaiatore”,, –, ) è uno dei nomi con cui è nota la cagnolina che il 3 novembre 1957 fu imbarcata a bordo della capsula spaziale sovietica, diventando così il primo animale ad orbitare intorno alla terra.

Il personale sovietico era solito chiamare la cagnolina con il nome di Kudryavka (in italiano “Ricciolina”), mentre il nome con cui è nota in Occidente deriva da un possibile fraintendimento tra i giornalisti occidentali ed i responsabili della missione, che, facendo riferimento alla razza del cane, indicarono la cagnolina come Laika (nome russo per varie razze di cane simili agli husky).

La stampa statunitense la soprannominò Muttnik, unendo il termine inglese per meticcio e la parola Sputnik. La capsula era attrezzata per il e portava cibo e acqua, ma non prevedeva il rientro, quindi la sorte di Laika era segnata fin dall’inizio della missione.

Dove si trova la Laika?

Laika (Vanuatu)

Laika
Geografia fisica
Localizzazione Oceano Pacifico
Coordinate 16°49′38″S 168°33′39″E Coordinate: 16°49′38″S 168°33′39″E
Arcipelago Isole Shepherd

Quanti anni ha Laika?

La vera storia della morte di Laika, la cagnolina astronauta che fu lanciata in orbita 61 anni fa

  • Il primo astronauta ad andare in orbita intorno alla terra si chiamava Laika, ed era una dolce cagnolina lanciata nello spazio dai russi il 3 novembre del 1957.
  • Nessuna gloria, purtroppo, per questa coraggiosa cagnolina, soltanto la storia molto triste di un esperimento che aveva l’obiettivo di valutare le condizioni di vita nello spazio in assenza di gravità, ma che si dimostrò fallimentare già dall’inizio.
  • Così la ricorda la biologa Adilya Kotovskaya oggi 90enne che si occupò del cane:
  • “Le ho chiesto di perdonarci e ho pianto quando l’ho accarezzata per l’ultima volta”
  • Laika era una randagia di 3 anni, e di 6 kg di peso, trovata tra le vie di Mosca insieme ad altri 5 o 6 possibili cani.
  • Tutti i candidati venero sottoposti ad un addestramento durissimo che Laika superò guadagnandosi il ruolo astronauta.
  • La piccola cagnolina è così diventata il primo essere vivente mandato in orbita, un onore che, purtroppo, come già avevano previsto gli scienziati, si sarebbe trasformato in un atroce condanna a morte, per via di una tecnologia che ancora non poteva garantire il rientro in sicurezza delle capsule.

I test prima del lancio sono stati durissimi: Laika fu abituata a vivere in una capsula di 80 cm, che nel tempo è diventata sempre più piccola. Un’altra parte durissima dell’esercitazione consisteva nel far passare agli animali molto tempo in una centrifuga che simulava l’accelerazione e il rumore dei razzi, esperienza traumatica per gli uomini, una vera e propria tortura per esseri inconsapevoli come i cani.

  • Terminato l’addestramento, Laika viene scelta e spedita nello spazio, dal Kazakistan, il 3 novembre del 1957 a bordo dello Sputnik.
  • Erano le 5e30 del mattino, ora di Mosca.
  • Inizialmente, a parte un normale aumento del battito della cagnolina dovuto alla partenza, ma poi tornato nella norma, tutto stava procedendo per il meglio.
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Il cane fece in tempo a compiere 9 orbite intorno alla terra quando la temperatura della cabina iniziò a scaldarsi, raggiungendo i 40° per via della scarsa copertura della navicella, temperatura proibitiva che portò il cagnolino alla morte per disidratazione.

  1. Il 3 novembre diventa, quindi, un triste anniversario che 61 anni fa vide una coraggiosa cagnolina sacrificare la propria vita in nome dell’umanità e del suo progresso.
  2. Se oggi possiamo viaggiare in sicurezza nello spazio è anche per merito suo.
  3. Grazie Laika.

: La vera storia della morte di Laika, la cagnolina astronauta che fu lanciata in orbita 61 anni fa

Quanti animali sono morti nello spazio?

Laika e gli altri, vita da cani in orbita MOSCA. Prima che Gagarin diventasse il primo uomo a superare i confini dell’atmosfera, furono i cani a volare tra le stelle. Non solo Laika, Belka e Strelka. Cinquanta cani vennero spediti in orbita dall’Unione Sovietica.

  1. E 20 morirono in volo, martiri non celebrati – e per anni occultati – della gara tra superpotenze per la conquista dello spazio.
  2. Le loro storie emergono per la prima volta nel dettaglio dai diari inediti di Oleg Gazenko, responsabile del “Piano animali spaziali” dell’Urss: nomi, date, dieta, analisi, programma di allenamenti, ma anche annotazioni malinconiche e fiori lasciati a essiccare tra le pagine ingiallite in memoria degli eroi a quattro zampe scomparsi.

Rinvenuti casualmente pochi mesi fa da Lada Lekaj nell’archivio dell’Istituto per i problemi medico-biologici dell’Accademia delle scienze russa (Imbp), sono stati pubblicati per la prima volta ieri dalla Novaja Gazeta, il giornale di Anna Politkovskaja.

  • Scorrendo le pagine dei quaderni di Gazenko, ci si imbatte in diversi nomi mai passati alla storia.
  • Vezzeggiativi: Malyshka, “Piccolina”; Lissichka, “Piccola volpe”.
  • Soprannomi scherzosi: Kussachka, “Una che morde tutti”; Modnitsa, “Modaiola”.
  • O appellativi di battaglia come Otvazhnaka, “Coraggiosa”.
  • Nomi di soldati a loro insaputa arruolati nei vicoli di Mosca.

Bastardini non per scelta ideologica, ma perché più docili e resistenti dei loro cugini di razza. Sensori, elettrocardiogrammi, appunti: sono carte mai viste prima quelle che raccontano gli animali spediti in orbita con le missioni spaziali sovietiche negli anni Cinquanta e Sessanta del 900.

Protagonisti (ignari) dei primi passi mossi dall’uomo nella storia dell’esplorazione spaziale. Diari di Oleg Gazenko, responsabile del “Piano animali spaziali” dell’Urss, contenuti nell’archivio dell’Istituto per i problemi medico-biologici dell’Accademia delle scienze russa (Imbp) e pubblicati per la prima volta dalla Novaja Gazeta, il giornale della giornalista uccisa nel 2006 Anna Politkovskaja I requisiti fisici erano ferrei: meno di 35 centimetri di altezza, non oltre 43 centimetri di lunghezza, dal naso alla coda, meno di 6 chili di peso.

Non era molto lo spazio dentro le navicelle. Anche l’aspetto contava. Quando sarebbe venuto il momento di togliere i sigilli alla segretezza degli esperimenti, quei musi sarebbero diventati loro malgrado la bandiera della superiorità socialista sul nemico capitalista.

  • Assoldata la prima squadra canina, gli allenamenti iniziarono nell’inverno del 1950.
  • C’era fretta.
  • Il cane sovietico doveva superare la scimmia statunitense e raggiungere lo spazio per primo.
  • Le scimmie avevano paura e venivano lanciate nello spazio sotto anestesia.
  • I cani invece si fidavano dell’uomo e non opponevano resistenza.

Da perfetti soldati, si sottoponevano a tutti i test. Certo, ci voleva tempo perché si abituassero all’accelerazione gravitazionale e allo scroscio assordante dei motori. Dal luglio 1951 al settembre 1960, 44 cani vennero sparati a bordo di razzi ai limiti dello spazio.

  1. I voli furono 29 e otto finirono tragicamente.
  2. Ad aprire la strada verso le stelle furono il 22 luglio 1951 Dezik e Tsigan (Vagabonda).
  3. Gazenko annota tutto.
  4. Battito: 250, quattro volte più della norma.
  5. Aumento del peso: 5 volte.
  6. E soprattutto la gioia.
  7. Vivi, vivi!”, gridavano tutti precipitandosi a recuperare la capsula”, scrive.

Morto Dezik in un secondo test, a Tsigan ne vennero risparmiati di nuovi. Meritava di vivere. La gente non lo sapeva, ma era l’unica superstite dei “primi due a essere stati lì”. È la volta poi di Mishka e Cizhik. Che muoiono. Smelyj (Audace), alla vigilia del secondo volo, si dà alla fuga.

  1. Lo rimpiazzerà Zib, mai addestrato prima, acronimo di Sostituto dello Scomparso “Bobik”, il nome russo che si dà ai randagi per strada.
  2. Siamo al 1954, altri nomi e altri martiri.
  3. Nel 1957 e nel 1958 gli esperimenti si fanno più duri: quota 473 chilometri e 10 minuti a zero gravità.
  4. È il 1960.
  5. Seguono le pagine su Laika, Belka e Strelka, i “musi noti” della corsa allo spazio sovietica.

Via il segreto stavolta. Tutto il mondo doveva seguire i voli dei primi esseri viventi mandati a orbitare nello spazio. Dalle note di Oleg traspare l’amarezza per la morte orrenda di Laika, “arsa viva”, e per anni occultata dall’Urss. E, a proposito di Belka e Strelka, confessa: “La verità è che, quando due cani mandati in volo tornavano entrambi illesi, uno dei due veniva sezionato.

Quali animali sono stati mandati nello spazio?

Non solo la cagnetta Laika: nella ricerca spaziale sono stati impiegati scimmie, gatti, ma anche una tartaruga. Ecco tutti gli animali che abbiamo mandato nello spazio. – Nel giorno dell’anniversario del primo essere vivente nello spazio, abbiamo deciso di approfittarne per ripercorrere tutte le missioni spaziali che hanno incluso animali a bordo,

Il 3 novembre del 1957 la cagnetta Laika venne spedita in orbita attorno alla Terra con un satellite Sputnik. il decollò andò bene, ma gli sbalzi di temperatura uccisero il povero animale nel giro di poche ore, Non fu l’unica volta, però, in cui la scienza si servì dei cani per testarne la resistenza in ambienti così estremi.

I cani Belka e Strelka ebbero miglior sorte. Furono lanciati, sempre dai sovietici, con lo Sputnik 5 e riuscirono a rientrare sulla Terra sani e salvi. Quell’esperimento servì proprio a testare la capacità degli esseri viventi di sopravvivere al turbolento rientro sulla Terra dopo un volo nello spazio, Félicette, il primo felino nello spazio Credit: Centre d’Enseignement et de Recherches de Médecine Aéronautique

Chi ha mandato Laika nello spazio?

Era il 3 novembre 1957 quando l’Unione Sovietica lanciò nello spazio lo Sputnik 2 con a bordo la cagnolina Laika, primo essere vivente a essere spedito in orbita. Un lancio che arrivava appena un mese dopo quello dello Sputnik 1, primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra.

Cosa significa il nome Laika?

Nomi femminili Russi – Dascia. È un nome di origine russa, derivato da Dorotea, che significa “regalo di Dio”. Un’altra variante del nome è Dascha. Irina. Deriva da Irene, solo che Irina è la variante russa. Significa “pace” e una sua variante è Iryna. Nome russo femminile più diffuso.

  1. Tiana. Si tratta del diminutivo di Tatiana, che significa “forma femminile di Taius”, il nome di una famiglia romana.
  2. Una variante è Tiani. Inna.
  3. È un nome di origine russa che significa “acqua che si muove con forza”, o “torrente d’acqua”.
  4. Tra i nomi russi femminili con significato più profondo. Laika.
  5. È un nome famoso perché è quello del primo animale che ha viaggiato nello spazio (una cagnolina).

È di origine russa e significa “colei che fa il discorso d’inizio”. Karenina. È un nome e cognome russo, variante di Caterina o Karina. Significa “pura” o “innocente”. È conosciuto per “Anna Karenina” (1877), il famoso romanzo dello scrittore russo Lev Tolstoj.,

Che cane era Laika?

Ci affidiamo a questo articolo, d’annata, di Dino Buzzati. Qui, lo scrittore risponde a un letterato che immaginava una Laika tutta contenta di fare pipì accanto a una stella. – La storia di Laika è rimasta un po’ nebulosa, nei dettagli, persi nel tempo tra le pieghe dei segreti di stato sovietici.

  • Laika fu il primo essere vivente lanciato nello spazio dall’uomo, il suo vero nome era “Kudrjavka”, “ricciolina”, una cagnolina randagia accalappiata a Mosca, un incrocio tra husky e terrier.
  • Fu scelta per la sua giovane età, circa 3 anni, e le sue piccole dimensioni.
  • Quando l’Urss lanciò Laika i comunisti, anche quelli nostrani, esultarono al progresso sovietico.

Ma non tutti furono d’accordo. La missione di Laika il 3 novembre 1957, a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2 L’urgenza di lanciare nello spazio questo satellite all’epoca non fu dovuta solo alla frenesia di segnare una nuova tappa dell’esplorazione dello spazio, ma anche per riaffermare la supremazia della tecnologia sovietica con lo Sputnik 1 e il primato spaziale sugli Stati Uniti.

  • L’obiettivo dell’Unione Sovietica, nel 1957, era quello di mandare in orbita un nuovo satellite in occasione del quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre e ovviamente battere sul tempo gli americani per la seconda volta.
  • E forse anche distrarre il mondo dal tentato colpo di stato contro Krusciov e l’affare Zukov.

C’erano tre progetti molto elaborati, ma nessuno di questi poteva essere completato per l’anniversario. Così si decise di creare alla bell’e meglio un quarto satellite per la missione. Un cono con tre bauli di ferro dentro, uno dei quali con dentro Laika, incuneato su un razzo Semyorka R-7.

Il lancio fu imposto dunque per batter sul tempo gli americani per la seconda volta. Il presidente Krusciov il 12 ottobre annunciò trionfalmente la partenza dello Sputnik 2 con un cane vivo a bordo. Per il lancio, i cani selezionati erano tre: Albina, Muschka e Laika. Mushka servì nella fase di preparazione per testare i parametri vitali nella capsula, mentre Albina avrebbe sostituito la povera Laika in caso di imprevisti.

Tutte e tre furono sottoposte a un duro addestramento: prima chiuse per 20 giorni in gabbie molto strette per abituarsi a spazi ridotti, e poi a test ancora più duri. I cani soffrirono molto e Laika stessa iniziò ad avere attacchi di panico e di rabbia.

Le torture, ovviamente, non finirono qui. Per simulare il lancio, vennero anche centrifugati. Chiusero Laika nella capsula tre giorni prima della partenza, per darle il tempo di abituarsi Il lancio avvenne alle 2:30 del 3 novembre 1957 dal Cosmodromo di Baikonur. I parametri vitali mostrarono fin da subito un battito del cuore molto accelerato e l’audio registrò i suoi guaiti.

Inimmaginabile, quello che sentì. Dopo tre ore sembrò tranquillizzarsi. Riuscì a mangiare, dato che si sentì il biascichio della pappetta gelatinosa che aveva a disposizione. Ma le registrazioni fanno supporre – e sperare – che Laika sia morta presto, per shock termico, dato che la temperatura poi salì a oltre 40 gradi per un guasto nel sistema.

È improbabile che la povera cagnetta sia sopravvissuta quattro giorni come narrano alcune versioni. Il satellite, o meglio i suoi rottami bruciati, riatterrarono circa 5 mesi dopo, il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla terra. Questo viaggio nello spazio colpì molto l’opinione pubblica del mondo intero.

Se molti inneggiarono alla gloria scientifica, altri invece elevarono le prime critiche contro l’utilizzo di animali per scopi scientifici spaziali. Gli americani, si sa, usavano sistematicamente gli scimpanzé in test assurdi. “Le scimmie si comportano sempre male, provano a toccare tutto quello che possono – avrà poi modo di dire Vladimir Ponomarenko, allora capo dell’accademia spaziale – invece il cane è amico dell’uomo, ed è facile da addestrare”.

  1. La missione, fin dall’inizio, non prevedeva il ritorno in vita dell’esserino a bordo.
  2. Non c’erano gli scudi termici per il rientro, ma nemmeno le attrezzature per far sopravvivere alcunché nello spazio per più di poche ore.
  3. Il governo sovietico diffuse prima la notizia dell’esistenza di un paracadute, poi di aver previsto a bordo della capsula del cibo avvelenato per far morire “dolcemente” l’animale.

Mentre in Italia qualcuno si sperticò in lodi per l’operazione, immaginando che Laika sarebbe stata felice di essere la prima cagnetta a fare pipì accanto a una stella, lo scrittore e giornalista italiano Dino Buzzati la pensava diversamente. Illustre signor De Madariaga, abbiamo letto, col piacere che può dare l’ingegnoso ed elegante scherzo di un gran signore della cultura europea qual è lei, l’elzeviro pubblicato martedì scorso dal ‘Corriere della Sera’, nel quale s’immagina un dialogo fra la cagnetta Laika chiusa nel satellite in volo e un’oscura cagnetta britannica Laika non trova crudele che gli uomini l’abbiano scaraventata in cielo con lo sputnik, anzi se ne compiace altamente e si sente presa nella parte di pioniere Ebbene, illustre De Madariaga, con tutta la considerazione che lei merita, ho il sospetto che lei stavolta si sia lasciato un po’ prendere la mano dalla letteratura? Immaginare, come fa lei, che il tremendo compito assegnatole inorgoglisse ed esaltasse Laika, è sinonimo di assurdo.

Laika felice di esplorare gli spazi per prima? Laika ebbra di velocità? Laika soddisfatta di “non fare nessuno sforzo per respirare”? Laika compiaciuta del perfetto battito cardiaco? Ma nessuno venne, nessuna mano le accarezzò le gola, i suoi lamenti non furono percepiti dai perfetti apparecchi degli osservatori sovietici.

Dio solamente li udì, povera bestiola. Altro che cupidigia della scienza! Del resto, le è sfuggita, proprio alla chiusura dell’articolo, una svista sintomatica. Niente di grave, intendiamoci. Un infortunio zoologico di minuscola rilevanza. Là dove la “sua” Laika dice: “Pensa, una cane che per anni si è contentato di alzare la zampa posteriore contro un lampione a gas ora può far lo stesso contro una vera stella!” L’immagine è brillante e patetica Ma purtroppo è sbagliata.

Mai, in vita sua, la cagnetta Laika alzò una zampa contro lampioni, muri o prati. Occorre forse aggiungere il perché? E conclude: Addio dunque, gentile cagnolino che non scodinzoli più, che non avrai più una cuccia, temo, né il prato, né la palla, né il padrone. Tu morrai in crudele solitudine senza saper d’essere un eroe della storia, un simbolo del progresso, un pioniere degli spazi.

ancora una volta l’uomo ha approfittato della tua innocenza, ha abusato di te per sentirsi ancora più grande e darsi un mucchio di arie. Dino Buzzati, “Corriere dell’Informazione”, 16-17 novembre 1957 Fonte: lifegate.it Immagine di copertina: todayinhistoridotblog

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Qual è stato il primo animale nello spazio?

Il 3 novembre del 1957 il primo animale nello spazio, un cane di nome Laika, moriva nella capsula spaziale sovietica Sputnik 2. Il resoconto di quei drammatici momenti – Sono trascorsi 64 anni da quel 3 novembre 1957, quando il primo essere vivente venne lanciato nello spazio. La cagnetta Laika

Quando è stato lanciato il macaco nello spazio?

1959. La scimmia saimiri Baker, spesso chiamata ‘Miss Baker’, aggrappata a un modello del missile Jupiter che il 28 maggio 1959 lanciò lei e la femmina di macaco rhesus di nome Able nello spazio.

Qual è stato l’ultimo uomo sulla Luna?

” Qui l’uomo completò la sua esplorazione della Luna, nel dicembre 1972. Possa lo spirito di pace nel nome del quale qui giungemmo riflettersi sulla vita di tutti gli uomini “. Questo messaggio è inciso su una targa posta su una delle quattro zampe di atterraggio del modulo lunare dell’Apollo 17, l’ultima missione umana sulla Luna.

  1. Fu letto in diretta tv dal comandante Eugene Cernan (1934-2017), l’ultimo essere umano ad aver poggiato il proprio scarpone sulla superficie del nostro satellite.
  2. Ripercorriamo l’esperienza dell’astronauta attraverso l’articolo ” Addio Luna ” di Antonio Lo Campo, tratto dagli archivi di Focus Storia,

«Quando lasciammo la Luna, quel 14 dicembre del 1972 pensavamo che entro il Duemila sarebbe stato avviato un progetto concreto per farvi ritorno», raccontava Cernan. «Sapevamo che difficilmente vi saremmo potuti tornare in tempi brevi, entro la fine del millennio, poiché già nel periodo della nostra missione molti progetti anche ambiziosi venivano eliminati o “congelati” a causa dei tagli di bilancio, e il futuro appariva incerto».

Infatti le missioni Apollo, secondo i piani originali, avrebbero dovuto essere venti, ma si fermarono lì, con quel volo partito in ritardo all’ultimo istante, in piena notte e con uno spettacolo che a Cape Canaveral non si è più ripetuto, nonostante i lanci successivi degli space shuttle. Spettacolo lunare.

«Fu un grande spettacolo», ricordava Cernan. «Partimmo a quell’ora per via delle rispettive posizioni tra Terra e Luna, che indicavano come finestra di lancio favorevole quella che si apriva alle 21:53 della sera del 6 dicembre. Fu necessario stabilire procedure particolari, soprattutto per le possibili situazioni di emergenza durante le diverse fasi dell’ascesa verso l’orbita terrestre.

  1. Seguimmo una preparazione specifica, dove studiammo a memoria la posizione delle stelle e delle costellazioni; conoscendole bene, ti orientavi perfettamente: erano la nostra guida.
  2. Certo, in un lancio notturno non hai il vantaggio di vedere sotto di te l’immensità di un oceano, ma è comunque qualcosa di molto suggestivo».

E poi lo sbarco. L’allunaggio pilotato da Cernan nella Vallata di Littrows l’11 dicembre del 1972 e le escursioni con il suo collega Jack Schmitt sulla jeep lunare, il ” Lunar roving vehicle “, furono tra i momenti più emozionanti dell’era spaziale. Rocce e bellezza.

D’altra parte Jack Schmitt non si trovava lì per caso: era geologo e planetologo, e aveva fatto parte dello staff di scienziati che aveva preparato gli astronauti delle precedenti missioni Apollo alla parte geologica dell’esplorazione lunare. «Sembrava un bambino quando entra in un negozio pieno di giocattoli», ricordava Cernan.

«Non sapeva dove girarsi a guardare, era eccitato. Lui era molto più impegnato a osservare le rocce e il suolo, ed era giusto così, visto che era stato mandato fin lì apposta per quello. Io invece guardavo più spesso la Terra, che era un pallone da calcio bianco e azzurro sospeso nel cielo nerissimo.

  • Ed era luminosa.
  • Una visione incomparabile.
  • Riflettevo molto sul perché di quel viaggio così straordinario nel tempo, nello Spazio e nella realtà; non mi saziavo mai nel vedere la Terra da quel posto eccezionale.
  • E poi era divertente sapere che in Italia era notte fonda, mentre a Houston era l’ora di pranzo.

lo vedevi con uno sguardo: era una fantastica macchina del tempo». L’ultima impronta. Su una cosa, però, Cernan non transigeva. A chi insinua che in realtà fu Schmitt, e non lui, l’ultimo astronauta a metter piede sul nostro satellite risponde: «Nell’ordine cronologico dei dodici uomini che sono sbarcati sulla Luna sono l’undicesimo, è vero.

Da questo punto di vista Jack Schmitt è stato il dodicesimo, scendendo dopo di me. Ma io sono stato l’ultimo a rientrare sul modulo lunare Challenger, al termine della nostra terza e ultima escursione, e quindi le ultime impronte sono le mie». E a proposito di quest’ultima, irripetibile, esperienza aggiungeva: «Mentre risalivo per l’ultima volta i nove gradini del modulo lunare, mi girai a guardare le impronte: avrei voluto fermare il tempo! Forse ho vissuto quei momenti con emozione ancora maggiore di quando avevo mosso i primi passi sulla Luna, tre giorni prima».

Verso Marte. L’esperienza mise fine anche alla carriera astronautica di Cernan, che aveva vissuto la conquista della Luna fin quasi dall’inizio. «Vedendo partire, nel 1961, il razzo Redstone di Alan Shepard, che divenne il primo americano nello Spazio, capii subito che cosa volevo fare “da grande”», ricordava l’astronauta, che in quel periodo era pilota collaudatore di velivoli sperimentali per la Marina statunitense.

Poi, la grande occasione si presentò nel 1963, quando Cernan entrò a far parte del terzo gruppo di astronauti della Nasa. Nel 1966, con la missione Gemini 9, divenne il terzo astronauta a effettuare una passeggiata nello Spazio. E nel maggio 1969, a bordo del modulo dell’Apollo 10, si spinse fino ad appena 15 km dalla superficie selenica, in una missione preparatoria alla conquista vera e propria.

Base spaziale. Torneremo, prima o poi, sulla Luna? «Ne sono convinto, ma è difficile dire oggi quando e come», affermava Cernan, che insieme a Neil Armstrong (il primo ad aver messo piede sul nostro satellite) era stato chiamato nel 2009 a visitare il nuovo modulo Altair destinato al ritorno sulla Luna nell’ambito del programma Constellation, ideato nel 2004 dal presidente Usa George W.

Bush e poi cancellato da Obama. «Però credo che vi torneremo, soprattutto perché la Luna è un’ottima base per la ricerca scientifica e tecnologica. E infatti l’obiettivo, se bisogna tornare, è proprio di costruirvi una base permanente. Anche la conferma della presenza di ghiaccio ai poli, per potervi in futuro ricavare acqua, costituiscono argomenti a favore di chi pensa di installare sulla superficie lunare basi scientifiche, e persino un piccolo poligono di lancio per inviare navicelle verso Marte o gli asteroidi a costi e peso contenuti (a causa della ridotta gravità lunare, che è 1/6 di quella terrestre).

Insomma, le opportunità dal lato scientifico sarebbero molte». I pionieri. Cernan concludeva così: «In fondo, io stesso mi sono sentito un pioniere dei futuri colonizzatori della Luna, Si parla di basi e colonie. Sono stato sulla Luna per ben tre giorni, lassù avevo una casetta, che era il modulo lunare, avevo un lavoro da svolgere in orari prestabiliti, e persino l’automobile con cui spostarmi per chilometri. Le foto dell’equipaggio dell’Apollo 11 sul suolo lunare sono ormai nell’immaginario collettivo. Ma gli archivi delle missioni Apollo traboccano di scatti poco noti dei successivi allunaggi. Il Project Apollo Archive, memoria storica di quelle missioni, ha da poco postato su Flickr un vasto tesoro di scatti di quei momenti sulla Luna, immortalati dalle celebri fotocamere Hasselblad: ecco una selezione dei più belli: in questa foto, l’astronauta dell’Apollo 14 Alan Shepard durante una passeggiata sulla superficie lunare, nel febbraio 1971. Il comandante della missione Apollo 12, Pete Conrad, accanto al lander lunare Surveyor 3, un rover della Nasa spedito sul nostro satellite due anni prima, nell’aprile 1967. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Il modulo di servizio dell’Apollo 17 – ultima missione con equipaggio umano del programma Apollo – in orbita intorno alla Luna nel dicembre 1972. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv L’astronauta dell’Apollo 17 Ron Evans durante la toilette mattutina all’interno del modulo di comando. Evans rimase a pilotarlo mentre i colleghi Cernan e Schmitt erano impegnati in una lunga attività extraveicolare sul suolo lunare. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Eugene Cernan, comandante della missione Apollo 17, manovra il Lunar Roving Vehicle (LRV) durante la prima attività extraveicolare della missione, nel dicembre 1972. Questa prima escursione, che durò poco più di 7 ore, servì a raccogliere 14,3 kg di rocce lunari. Foto: © Project Apollo Archive / NASA La superficie della Luna vista dall’orbita, durante la missione Apollo 17: vedi anche Le foto che confermano gli sbarchi sul nostro satellite, Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv Una visione inedita dell’ Earthrise : la Terra fa capolino dall’orizzonte mentre il modulo Eagle (Apollo 11) decolla per raggiungere il Columbia, in orbita intorno alla Luna nel luglio 1969. Vedi anche: la Terra vista dallo Spazio, Foto: © Project Apollo Archive / NASA La Terra vista dal modulo lunare dell’Apollo 17, nel dicembre 1972. Vedi anche: Blue Marble 2.0: una foto epica della Terra catturata da un satellite Nasa, Foto: © Project Apollo Archive / NASA Il lander e il rover lunare dell’Apollo 17 sulla superficie del nostro satellite. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv L’astronauta dell’Apollo 15 Dave Scott campiona un masso sul bordo del canale Hadley Rille, nell’agosto 1971. Sulla visiera del suo casco, il riflesso del “fotografo”: Jim Irwin, compagno di missione e pilota del modulo lunare. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Il modulo lunare dell’Apollo 17. Guardate oltre, verso il nero del cosmo: quella che vedete spuntare è la Terra. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Il comandante dell’Apollo 17 Eugene Cernan all’interno del modulo lunare. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv Eugene Cernan, dicembre 1972. Foto: © Project Apollo Archive / NASA L’astronauta della missione Apollo 17 Harrison Schmit posa con la Terra sullo sfondo. L’asta che ha davanti non è un “bastone da selfie”, ma un braccio del rover lunare LRV. Vedi anche: selfie spaziali, Foto: © Project Apollo Archive / NASA Il modulo lunare dell’Apollo 12 in orbita sopra alla superficie della Luna, nel novembre 1969. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv L’astronauta dell’Apollo 12 Alan Bean fotografato dal comandante della missione Pete Conrad (riflesso nel visore) nel novembre 1969. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Impronte a piedi pari degli astronauti dell’Apollo 17: sono le ultime lasciate sul nostro satellite. Vedi anche: nuove ipotesi per colonizzare la Luna, Foto: © Project Apollo Archive / NASA L’astronauta dell’Apollo 11 Buzz Aldrin nel modulo lunare, nel luglio 1969. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv La Terra sull’orizzonte della Luna, durante la missione Apollo 11. Vedi anche: le foto di Neil Armstrong che non abbiamo (quasi) mai visto, Foto: © Project Apollo Archive / NASA Astronauti al lavoro durante una delle EVA dell’Apollo 17. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Il pilota del modulo lunare dell’Apollo 17 Harrison Schmitt accanto alla bandiera americana, nel dicembre 1972. Ma la vera protagonista di questa foto è visibile sullo sfondo. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv Una delle attività extraveicolari dell’Apollo 17: si notano il lander e il rover LRV. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Riuscite a vederlo? Il lander della missione Apollo 17 sulla superficie lunare, nel dicembre 1972. Uno scatto che rende l’idea della solitudine oltre la Terra. Foto: © Project Apollo Archive / NASA Il rover lunare dell’Apollo 17. Ed ecco anche i computer che ci hanno portato sulla Luna, Foto: © Project Apollo Archive / NASA Adv Approfondimenti

Qual è l’animale che uccide più essere umani?

1. Zanzara: 438.000 morti all’anno – Ci sono quasi 3.500 specie di zanzare, note per essere tra le creature meno amate del pianeta. La zanzara anopheles è causa di malattie e decessi più di qualsiasi altro animale. In Africa, alcune specie di zanzare trasmettono la malaria : nel 2015, ci sono stati 214 milioni di contagi di malaria a livello globale, con 438.000 decessi a causa della malattia. Uno dei metodi più semplici e più efficaci per evitare la diffusione di malaria è fornire a bambini e famiglie delle zanzariere trattate con repellenti, Puoi donarle sul nostro sito dei regali solidali, con solo 7 euro. Non solo tu donerai qualcosa di importante, ma proteggerai bambini e famiglie da una malattia mortale!

Qual è l’animale più mortale del mondo?

Gli animali che fanno più vittime umane: prima la zanzara con 830mila, lo squalo solo sei Come ne uccide più la gola che la spada, anche la zanzara, inaspettatamente, fa più vittime dell’assassino dei mari per antonomasia. I numeri sono davvero impressionanti: nella penosa classifica del milione e mezzo di decessi umani totali causati da animali, la zanzara è l’animale più mortale al mondo con 830mila vittime mentre lo squalo fa “appena” sei morti l’anno.

Lo testimonia un grafico pubblicato sul blog di Bill Gates, “gates notes”,, che elabora i dati riferiti al 2015 raccolti da varie istituzioni internazionali (Ihme, Who, CrocBite, Fao, Norwegian Institute for Nature Research, International Shark Attack File, National Geographic, Pbs, National Science Foundation, Cdc, Wwf, French Institute of Research for Development, Wilderness & Environmental Medicine, Nature.).

Il secondo gradino del triste podio lo occupa l’uomo, animale quando serve, a quota 580mila, poi i serpenti con 60mila. I vituperati lupi si fermano a dieci vittime ogni 365 giorni, i leoni arrivano a cento mentre i coccodrilli toccano i mille. “E’ la malaria a consentire alla zanzara di essere tanto letale – spiega il patron di Microsoft -: manca ancora, infatti, un vaccino universalmente disponibile anche se per il 2018 tre paesi sono al lavoro in un progetto pilota dell’Oms”.

Qual è l’animale più letale del pianeta?

1. La zanzara (quasi 1 milione di morti all’anno) – L’animale più letale del pianeta terra è un piccolo insetto fastidioso: la zanzara, Le zanzare trasmettono malattie gravi come la dengue, lo Zika, la febbre del Nilo occidentale o la temuta malaria: questa malattia trasmessa dalla zanzara Anopheles da sola fa 600.000 vittime all’anno.

  • Queste malattie sono diffuse nelle zone calde e umide vicino all’Equatore, come l’Africa subsahariana.
  • Sebbene esistano molte specie di zanzare, si trovano in molte parti del mondo e coesistono insieme all’uomo praticamente dappertutto.
  • Questo spiega l’enorme letalità di questo fastidioso insetto.
  • Quindi, quando pensiamo agli animali letali, non dobbiamo pensare al temibile coccodrillo o all’enorme orso grizzly: dobbiamo prima guardare quelli vicino a noi, la maggior parte dei quali è capace di trasmettere pericolose malattie.
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Quanto si resiste nello spazio senza tuta?

La tuta spaziale serve per proteggere l’uomo da alcune insidie dello spazio. Ma cosa accadrebbe senza di essa? – Un’astronauta in azione durante un’attività extraveicolare ( EVA ). Credit: NASA/ESA Le tute spaziali sono lo strumento più importante per un’astronauta, ma cosa accadrebbe se uscisse nello spazio senza indossarne una? Se un astronauta viene lasciato fuori nello spazio senza una tuta spaziale, morirebbe in circa 2,5 minuti a causa della mancanza di ossigeno.

  1. La stessa ragione per cui le persone muoiono per annegamento, impiccagione, scossa elettrica o strangolamento.
  2. La mancanza di ossigeno respirabile impedisce al sangue di farlo circolare in diversi organi del nostro corpo, soprattutto nel cervello.
  3. Di conseguenza l’astronauta perderebbe conoscenza in 15 secondi, e dichiarato clinicamente morto dopo un minuto.

Entro due minuti senza ossigeno, gli organi cesserebbero di funzionare. Dal punto di vista medico, questa è definita morte per asfissia. Superato il minuto senza la tuta spaziale nello spazio aperto, l’astronauta sarebbe ancora vivo, ma con gravi conseguenze irreversibili.

Come respirano nello spazio?

Cosa respirano gli astronauti a bordo di una stazione spaziale? La Stazione spaziale internazionale dispone di un raffinato sistema che, oltre a fornire ossigeno, previene l’accumulo delle sostanze tossiche prodotte dall’equipaggio. La maggior parte dell’ossigeno della stazione spaziale viene ricavato attraverso un processo chiamato “elettrolisi”, che utilizza l’elettricità fornita dai pannelli solari per separare l’idrogeno e l’ossigeno che compongono l’acqua dei serbatoi.

  • Facendo passare la corrente attraverso l’acqua, gli atomi si separano e si ricombinano nelle forme gassose.
  • Per ora l’idrogeno residuo viene lasciato defluire nello spazio ma gli ingegneri della Nasa stanno progettando macchinari che potrebbero combinare idrogeno e anidride carbonica residui per produrre acqua e metano.

Così si rimpiazzerebbe l’acqua utilizzata per produrre ossigeno, e si otterrebbe un combustibile. Acidi e ammoniaca, Per evitare invece l’accumulo di sostanze tossiche, sono stati installati particolari filtri al carbone. Servono a eliminare i gas di scarico emessi dall’intestino degli esseri umani, come il metano, l’anidride carbonica della respirazione e l’ammoniaca esalata dall’acido urico in sospensione nel sudore.

Altri sottoprodotti del metabolismo sono acetone, metanolo e monossido di carbonio. Nella stazione spaziale saranno poi utilizzate varie sostanze chimiche per svolgere esperimenti in assenza di peso. Si prevede un’attività di vari laboratori per almeno 30 anni. La Nasa non è però ancora riuscita a progettare un sistema centralizzato per eliminare i residui.

Per saperne di più, Su Internet: il sito ufficiale della Nasa dedicato alla,28 giugno 2002 : Cosa respirano gli astronauti a bordo di una stazione spaziale?

Dove si dorme nello spazio?

Come e dove dormono gli astronauti nello spazio? – In genere gli astronauti cercano di dormire 8 ore al termine di ogni giorno di missione. Come sulla Terra, però, capita loro di svegliarsi nel bel mezzo del sonno per usare il bagno, o magari di non riuscire a riaddormentarsi.

Molti di loro ne approfittano per navigare un po’ su internet o scattare foto dalla Stazione Spaziale Internazionale. Tra i fattori che possono alterare il ritmo del sonno degli astronauti ci sono l’eccitazione e la cinetosi. Molti astronauti hanno anche riferito di aver avuto incubi, durante la loro permanenza nello spazio.

Altri, invece, hanno perfino riferito di aver sentito russare un compagno! Sulla Iss, tra l’altro, si susseguono ben 16 tramonti e albe ogni 24 ore terrestri, quindi non è sicuramente facile capire quando è ora di dormire. Gli orari degli astronauti vengono scanditi da un rigido programma imposto dal controllo missione sulla Terra.

  • Per allietare il sonno possono anche utilizzare occhiali ad hoc o oscurare gli oblò per evitare che la luce del sole penetri nella loro cabina mentre dormono.
  • La maggior parte dell’equipaggio dorme in piccole cabine, dicevamo, ma se non ce ne sono abbastanza a bordo, un astronauta può anche dormire in uno dei moduli della Stazione Spaziale Internazionale.

Riferimenti: https://www.nasa.gov/audience/foreducators/stem-on-station/ditl_sleeping

Come si morirebbe nello spazio?

La tuta spaziale serve per proteggere l’uomo da alcune insidie dello spazio. Ma cosa accadrebbe senza di essa? – Un’astronauta in azione durante un’attività extraveicolare ( EVA ). Credit: NASA/ESA Le tute spaziali sono lo strumento più importante per un’astronauta, ma cosa accadrebbe se uscisse nello spazio senza indossarne una? Se un astronauta viene lasciato fuori nello spazio senza una tuta spaziale, morirebbe in circa 2,5 minuti a causa della mancanza di ossigeno.

  1. La stessa ragione per cui le persone muoiono per annegamento, impiccagione, scossa elettrica o strangolamento.
  2. La mancanza di ossigeno respirabile impedisce al sangue di farlo circolare in diversi organi del nostro corpo, soprattutto nel cervello.
  3. Di conseguenza l’astronauta perderebbe conoscenza in 15 secondi, e dichiarato clinicamente morto dopo un minuto.

Entro due minuti senza ossigeno, gli organi cesserebbero di funzionare. Dal punto di vista medico, questa è definita morte per asfissia. Superato il minuto senza la tuta spaziale nello spazio aperto, l’astronauta sarebbe ancora vivo, ma con gravi conseguenze irreversibili.

Chi ha mandato Laika nello spazio?

Era il 3 novembre 1957 quando l’Unione Sovietica lanciò nello spazio lo Sputnik 2 con a bordo la cagnolina Laika, primo essere vivente a essere spedito in orbita. Un lancio che arrivava appena un mese dopo quello dello Sputnik 1, primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra.

Che cane era Laika?

Ci affidiamo a questo articolo, d’annata, di Dino Buzzati. Qui, lo scrittore risponde a un letterato che immaginava una Laika tutta contenta di fare pipì accanto a una stella. – La storia di Laika è rimasta un po’ nebulosa, nei dettagli, persi nel tempo tra le pieghe dei segreti di stato sovietici.

Laika fu il primo essere vivente lanciato nello spazio dall’uomo, il suo vero nome era “Kudrjavka”, “ricciolina”, una cagnolina randagia accalappiata a Mosca, un incrocio tra husky e terrier. Fu scelta per la sua giovane età, circa 3 anni, e le sue piccole dimensioni. Quando l’Urss lanciò Laika i comunisti, anche quelli nostrani, esultarono al progresso sovietico.

Ma non tutti furono d’accordo. La missione di Laika il 3 novembre 1957, a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2 L’urgenza di lanciare nello spazio questo satellite all’epoca non fu dovuta solo alla frenesia di segnare una nuova tappa dell’esplorazione dello spazio, ma anche per riaffermare la supremazia della tecnologia sovietica con lo Sputnik 1 e il primato spaziale sugli Stati Uniti.

  1. L’obiettivo dell’Unione Sovietica, nel 1957, era quello di mandare in orbita un nuovo satellite in occasione del quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre e ovviamente battere sul tempo gli americani per la seconda volta.
  2. E forse anche distrarre il mondo dal tentato colpo di stato contro Krusciov e l’affare Zukov.

C’erano tre progetti molto elaborati, ma nessuno di questi poteva essere completato per l’anniversario. Così si decise di creare alla bell’e meglio un quarto satellite per la missione. Un cono con tre bauli di ferro dentro, uno dei quali con dentro Laika, incuneato su un razzo Semyorka R-7.

Il lancio fu imposto dunque per batter sul tempo gli americani per la seconda volta. Il presidente Krusciov il 12 ottobre annunciò trionfalmente la partenza dello Sputnik 2 con un cane vivo a bordo. Per il lancio, i cani selezionati erano tre: Albina, Muschka e Laika. Mushka servì nella fase di preparazione per testare i parametri vitali nella capsula, mentre Albina avrebbe sostituito la povera Laika in caso di imprevisti.

Tutte e tre furono sottoposte a un duro addestramento: prima chiuse per 20 giorni in gabbie molto strette per abituarsi a spazi ridotti, e poi a test ancora più duri. I cani soffrirono molto e Laika stessa iniziò ad avere attacchi di panico e di rabbia.

  • Le torture, ovviamente, non finirono qui.
  • Per simulare il lancio, vennero anche centrifugati.
  • Chiusero Laika nella capsula tre giorni prima della partenza, per darle il tempo di abituarsi Il lancio avvenne alle 2:30 del 3 novembre 1957 dal Cosmodromo di Baikonur.
  • I parametri vitali mostrarono fin da subito un battito del cuore molto accelerato e l’audio registrò i suoi guaiti.

Inimmaginabile, quello che sentì. Dopo tre ore sembrò tranquillizzarsi. Riuscì a mangiare, dato che si sentì il biascichio della pappetta gelatinosa che aveva a disposizione. Ma le registrazioni fanno supporre – e sperare – che Laika sia morta presto, per shock termico, dato che la temperatura poi salì a oltre 40 gradi per un guasto nel sistema.

  • È improbabile che la povera cagnetta sia sopravvissuta quattro giorni come narrano alcune versioni.
  • Il satellite, o meglio i suoi rottami bruciati, riatterrarono circa 5 mesi dopo, il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla terra.
  • Questo viaggio nello spazio colpì molto l’opinione pubblica del mondo intero.

Se molti inneggiarono alla gloria scientifica, altri invece elevarono le prime critiche contro l’utilizzo di animali per scopi scientifici spaziali. Gli americani, si sa, usavano sistematicamente gli scimpanzé in test assurdi. “Le scimmie si comportano sempre male, provano a toccare tutto quello che possono – avrà poi modo di dire Vladimir Ponomarenko, allora capo dell’accademia spaziale – invece il cane è amico dell’uomo, ed è facile da addestrare”.

La missione, fin dall’inizio, non prevedeva il ritorno in vita dell’esserino a bordo. Non c’erano gli scudi termici per il rientro, ma nemmeno le attrezzature per far sopravvivere alcunché nello spazio per più di poche ore. Il governo sovietico diffuse prima la notizia dell’esistenza di un paracadute, poi di aver previsto a bordo della capsula del cibo avvelenato per far morire “dolcemente” l’animale.

Mentre in Italia qualcuno si sperticò in lodi per l’operazione, immaginando che Laika sarebbe stata felice di essere la prima cagnetta a fare pipì accanto a una stella, lo scrittore e giornalista italiano Dino Buzzati la pensava diversamente. Illustre signor De Madariaga, abbiamo letto, col piacere che può dare l’ingegnoso ed elegante scherzo di un gran signore della cultura europea qual è lei, l’elzeviro pubblicato martedì scorso dal ‘Corriere della Sera’, nel quale s’immagina un dialogo fra la cagnetta Laika chiusa nel satellite in volo e un’oscura cagnetta britannica Laika non trova crudele che gli uomini l’abbiano scaraventata in cielo con lo sputnik, anzi se ne compiace altamente e si sente presa nella parte di pioniere Ebbene, illustre De Madariaga, con tutta la considerazione che lei merita, ho il sospetto che lei stavolta si sia lasciato un po’ prendere la mano dalla letteratura? Immaginare, come fa lei, che il tremendo compito assegnatole inorgoglisse ed esaltasse Laika, è sinonimo di assurdo.

Laika felice di esplorare gli spazi per prima? Laika ebbra di velocità? Laika soddisfatta di “non fare nessuno sforzo per respirare”? Laika compiaciuta del perfetto battito cardiaco? Ma nessuno venne, nessuna mano le accarezzò le gola, i suoi lamenti non furono percepiti dai perfetti apparecchi degli osservatori sovietici.

Dio solamente li udì, povera bestiola. Altro che cupidigia della scienza! Del resto, le è sfuggita, proprio alla chiusura dell’articolo, una svista sintomatica. Niente di grave, intendiamoci. Un infortunio zoologico di minuscola rilevanza. Là dove la “sua” Laika dice: “Pensa, una cane che per anni si è contentato di alzare la zampa posteriore contro un lampione a gas ora può far lo stesso contro una vera stella!” L’immagine è brillante e patetica Ma purtroppo è sbagliata.

  1. Mai, in vita sua, la cagnetta Laika alzò una zampa contro lampioni, muri o prati.
  2. Occorre forse aggiungere il perché? E conclude: Addio dunque, gentile cagnolino che non scodinzoli più, che non avrai più una cuccia, temo, né il prato, né la palla, né il padrone.
  3. Tu morrai in crudele solitudine senza saper d’essere un eroe della storia, un simbolo del progresso, un pioniere degli spazi.

ancora una volta l’uomo ha approfittato della tua innocenza, ha abusato di te per sentirsi ancora più grande e darsi un mucchio di arie. Dino Buzzati, “Corriere dell’Informazione”, 16-17 novembre 1957 Fonte: lifegate.it Immagine di copertina: todayinhistoridotblog

Quanto può vivere un uomo nello spazio?

LA NASA – ECCO PERCHE’ SI SOPRAVVIVE NELLO SPAZIO – Ecco cosa sarebbe stato precisato dalla NASA : ” Ne sappiamo abbastanza, lo dice la Nasa, per concludere che si possa sopravvivere a un’accidentale esposizione non protetta allo spazio aperto, a patto che duri poco e che si prendano alcune precauzioni, la più importante delle quali è: svuotare i polmoni prima di uscire e poi trattenere il fiato.

Questo accorgimento impedirebbe all’aria di formare bolle che causerebbero seri danni. Per il resto, la pelle del corpo riuscirebbe a contenere lo squilibrio di pressione tra interno ed esterno e non ci sarebbero quindi né esplosioni né ebollizione dei liquidi interni, anche se il corpo inizierebbe gradualmente a gonfiarsi.

Tenendo bocca e occhi chiusi si eviterebbe inoltre la vaporizzazione della saliva e delle lacrime. Quanto al freddo: il calore non si dissipa in modo efficiente nel vuoto, quindi il corpo non congelerebbe rapidamente. Certo, resterebbe il problema delle bruciature causate dall’esposizione ai raggi solari, e in ogni caso la perdita di ossigeno nel sangue porterebbe all’incoscienza.

Ma insomma: probabilmente un minuto o giù di lì di permanenza nello spazio non causerebbe danni seri. Questo per quanto riguarda gli esseri umani “. Il Astronomia per tutti aggiunge: ” Quindi, se avete voglia di fare una passeggiata nello spazio senza protezioni, cercate solamente di non prendere aria prima di uscire! In questo modo un corpo umano può restare nello spazio senza protezione per oltre 30 secondi senza riportare danni irreversibili.

A causa della mancanza di ossigeno, dopo 15-20 secondi si perde però coscienza perché il cervello non ha più rifornimenti energetici. Entro due-tre minuti arriva la morte; lo stesso tempo richiesto per un “classico” soffocamento “. Sito web creato il 28 marzo 2018 dall’Avv.