Quanto Vive Un Cane Epilettico
Quanto si vive con l’epilessia? – Sono stati selezionati 102 cani: 78 con epilessia idiopatica e 24 con epilessia sintomatica. L’aspettativa media di vita è stata di 7,6 anni (tutti), 9,2 anni (idiopatica) e 5,8 anni (sintomatica).

Cosa non può mangiare un cane epilettico?

Alimentazione del cane epilettico (e gatti): cosa evitare e cosa somministrare. – Nel caso dei cani, eliminare i carboidrati ed effettuare una dieta a base di sole proteine, fibre e grassi, potrebbe essere una via da seguire in modo piuttosto agevole e senza troppe complicanze. Ancora di più per i gatti che sono carnivori stretti,

Come si sente il cane dopo una crisi epilettica?

Come comportarsi dopo la crisi epilettica – Dopo la crisi, alcuni cani possono richiedere un periodo di tempo più o meno lungo (da alcuni minuti a diverse ore) per tornare normali. In questa fase, chiamata fase post-ictale, il soggetto può apparire cieco, incoordinato e strano.

Come vengono le crisi epilettiche nei cani?

Cosa sono le crisi epilettiche nel cane? – Le crisi epilettiche nel cane o crisi convulsive non è altro che una scarica elettrica anomala che attraversa i neuroni e che interrompe la funzionalità cerebrale. E’ solitamente un fenomeno transitorio che tende a rientrare nel momento in cui lo stimolo elettrico anomalo cessa. Può essere divisa in due grandi eventi:

Crisi epilettica completa o generalizzata: sono le crisi epilettiche più frequenti nel cane e portano a perdita della coscienza, il cane non riconosce e non risponde agli stimoli esterni. L’animale cade su un fianco e contrae ripetutamente tutta la muscolatura del corpo con movimenti di pedalamento. In alcuni soggetti è possibile riscontrare perdita della bava, delle feci e delle urine.

Crisi epilettica parziale o focale: sono meno frequenti e colpiscono solo una parte localizzata dell’encefalo. Posso causare contrazioni focali dei muscoli, come quelli del viso o di un altra parte del corpo. In questa situazione solitamente il cane non perde coscienza.

Le cause che posso portare a tali sintomi sono molteplici e tra questi troviamo:

  1. Epilessia idiopatica ;
  2. Tumori dell’encefalo;
  3. Fenomeni ischemici o vascolari (ictus);
  4. Patologie metaboliche (es. Shunt porto sistemico );
  5. Patologie infiammatorie o infettive dell’encefalo (meningiti).

Come placare un attacco epilettico?

Cos’è una crisi epilettica? Come insorge? – La crisi epilettica è la manifestazione acuta della patologia neurologica definita epilessia, Epilessia, dal greco, significa “sono preso, sono colpito da qualcosa”. Il cervello può essere considerato come un complesso elaboratore che riceve e rinvia messaggi di natura fondamentalmente elettrica.

  • Affinché la gestione e l’elaborazione degli impulsi elettrici venga operata correttamente, occorre che questi circolino in modo ordinato.
  • Durante una crisi epilettica la normale circuitazione elettrica subisce, invece, una momentanea alterazione, un po’ come se si producessero dei brevi cortocircuiti cerebrali; di conseguenza, la funzione di controllo normalmente esercitata dal cervello, risulta temporaneamente sospesa o compromessa.

Esistono due tipi di convulsioni epilettiche:

  • convulsioni generalizzate : iniziano in età pediatrica e non esistono cause evidenti ovviabili;
  • convulsioni focali o parziali : in genere, sono provocate da trauma, infezione, problemi vascolari quali la o l’embolia, tumori.

Le convulsioni generalizzate si distinguono, a seconda della gravità, in:

  • crisi di piccolo male;
  • crisi di grande male.

Le crisi di piccolo male si verificano principalmente nei bambini. Si concretizzano in improvvisi e completi distacchi dalla realtà da parte del soggetto, che rimane per alcuni minuti totalmente assente, in uno stato simile al sogno per 10-60 secondi e non si riesce a svegliarlo fino a quando non recupera spontaneamente.

  1. aura : percezione dell’imminente scatenamento dell’attacco;
  2. fase tonica : improvvisa perdita di coscienza e caduta a terra del soggetto, la cui muscolatura si irrigidisce completamente. La contrazione dei muscoli del viso e di quelli respiratori provoca un temporaneo arresto respiratorio, che talvolta determina la comparsa di cianosi. Questa condizione si risolve spontaneamente entro pochi minuti;
  3. fase clonica : caratterizzata da potenti movimenti convulsivi interrotti del tronco, della faccia e degli arti. Il paziente può schiumare dalla bocca, mordendosi la lingua e presentare incontinenza urinaria. Questa è la fase più rischiosa per il soggetto, che può procurarsi lesioni involontarie urtando con forza contro gli oggetti che lo circondano o mordendosi la lingua fino a tranciarsela di netto. Questa fase dura 1-4 minuti e, in genere, si risolve spontaneamente;
  4. fase di rilassamento (post-critica) : il paziente diviene flaccido e resta privo di coscienza per un periodo che va da minuti a ore a cui fanno seguito cefalea, confusione di durata e grado variabili e dolori muscolari. Sfinito dallo sforzo fisico della, può necessitare di alcune ore di riposo tranquillo per riprendersi completamente.
  • Allontanare oggetti spigolosi come tavoli e sedie;
  • allontanare il soggetto dalle pareti, fuori dalla portata degli arti o del capo;
  • allentare gli indumenti stretti (specialmente cravatte o camicie molto accollate);
  • porre un supporto morbido sotto il capo;
  • non cercare di trattenere i movimenti convulsi: il malato deve essere libero di muoversi; accompagnare i movimenti per attutire i colpi;
  • al termine della crisi convulsiva, lasciar riposare in posizione di sicurezza.

Mai somministrare farmaci per bocca durante la crisi: si rischia di fare soffocare il paziente, che non è assolutamente in grado di esercitare alcun controllo della deglutizione. Generalmente la crisi evolve dopo un periodo di tempo variabile, in relazione al tipo di Male accusato dal soggetto.

  • Al risveglio il paziente sarà confuso e prostrato.
  • Prima di farlo bere, visto che è probabile che chieda dell’acqua per via dell’immane sforzo effettuato, accertarsi che sia sveglio al punto da riuscire a deglutire senza problemi, altrimenti aspettare che si svegli del tutto.
  • Ben diverso è il caso in cui si instaura lo stato di male epilettico,

Capita abbastanza di rado che numerose crisi si susseguano una dopo l’altra, senza interruzioni. Tale condizione pone in serio pericolo il malato, che rischia di riportare dei danni cerebrali. Pertanto, se dopo le prime due o tre crisi la sequenza non si arresta, o qualora si noti che queste si susseguono senza intervallo, occorrerà assistere il paziente e richiedere il soccorso urgente a mezzo ambulanza,

  • È raccomandato seguire delle semplici accortezze nell’alimentazione, che deve essere bilanciata e leggera ed evitare assolutamente di bere alcolici.
  • Si pensi che a soffrire di epilessia – solo per citare alcuni nomi famosi – sono stati Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone, Giovanna D’Arco, Flaubert, Van Gogh, Dostoevskij e Paganini.
  • Un aumentato interesse psichiatrico ha condotto a studi sul comportamento delle persone con epilessia, mettendo in luce come le condizioni sociali fossero in gran parte responsabili della “condizione epilettica”: i malati venivano infatti evitati e isolati in ogni ambito sociale.

L’epilessia non è pericolosa per chi vive accanto a chi ne soffre, ma può spaventare chi non conosce questa sindrome. È dunque la paura, basata sulla disinformazione circa la malattia, la causa primaria di discriminazione e non la patologia stessa. Tags : : Crisi epilettica, quali interventi attuare per assistere il paziente?

Cosa prova un cane durante una crisi epilettica?

Crisi epilettiche: sintomi – Riconoscere i sintomi di un attacco epilettico non è sempre semplice : il cane potrebbe sperimentare un attacco durante l’assenza lavorativa del proprietario, riprendendosi prima del suo rientro. A complicare la diagnosi vi è l’impossibilità di assistervi anche da parte del veterinario, quindi la difficoltà nell’effettuare un EEG (tracciato elettroencefalografico) al cane.

  • La crisi può giungere singolarmente, a distanza di 24 ore dalla successiva, oppure con una frequenza maggiore, definita cluster di crisi.
  • Inoltre può durare anche più di cinque minuti, con una frequenza temporale minima tra un attacco e l’altro e con perdita costante della coscienza da parte del cane (stato di male epilettico).

La crisi epilettica solitamente viene preannunciata da alcuni sintomi (fase aura), che compaiono nel momento in cui nel cervello del cane si genera un’attività anomala. Tra questi si segnalano stordimento, abbattimento, disorientamento e ricerca di rassicurazione.

Come capire se il cane sta per avere una crisi epilettica?

Il Male Epilettico nel Cane è una condizione potenzialmente mortale che può verificarsi nel caso in cui il nostro amico a quattro zampe soffra di epilessia. Prima di capire cos’è lo stato di male epilettico nel cane, è bene comprendere cos’è l’epilessia canina e come si riconosce.

  • L’epilessia nel cane è una malattia neurologica caratterizzata dal ricorrere di attacchi convulsivi,
  • Queste crisi convulsive sono manifestazioni di un’irregolarità nell’attività cerebrale: in pratica i neurotrasmettitori stimolano in modo esagerato i neuroni fino a superare il limite consentito ed è a questo punto che si scatena la crisi epilettica,

I sintomi dell’epilessia I sintomi dell’epilessia vengono classificati in base a vari parametri. Per esempio si differenziano a seconda della fase dell’attacco:

  • Fase Iniziale (chiamata anche Aura o Fase Pre-ictale) : in questa fase, che dura solitamente qualche secondo, il cane ha disturbi di tipo motorio, ma può manifestare anche agitazione improvvisa, irrequietezza, sguardo fisso, paura immotivata, bisogno di protezione e ricerca di sostegno.
  • Fase Ictale (chiamata anche Fase da Ictus) : in questa fase si ha il vero e proprio attacco di convulsioni, che può durare da pochi secondi a qualche minuto. Il corpo diventa rigido, il cane cade sul fianco e contrae gli arti. Può serrare prepotentemente la mascella, abbondare con la salivazione oppure esplellere i suoi bisogni corporali come feci ed urine. I sintomi di questa fase cambiano in base alla tipologia di crisi da cui è colpito il cane.
  • Fase Post-ictale : questa fase è quella che segue la crisi vera e propria, ma può essere altrettanto problematica. Questo perché può durare da pochi minuti fino a qualche giorno, inoltre perché può mostrare una serie di sintomi che possono preoccupare il padrone. Si possono infatti riscontrare nel cane cambiamenti di carattere, disorientamento, alterazione del sensorio, paura, depressione, debolezza, stordimento, sonnolenza, aggressività, sguardo fisso, difficoltà nella deambulazione, vomito, fame esagerata e cecità transitoria.

Come precedentemente anticipato, i sintomi dell’epilessia variano in base alla tipologia di crisi che colpisce il cane. Possiamo infatti distinguerle in:

  • Crisi Focali : questa forma coinvolge una o più parti del corpo e i sintomi rappresentano l’espressione della zona cerebrale colpita. Questo tipo di crisi può trasformarsi anche in Crisi Generalizzate.
  • Crisi Generalizzate : questa tipologia è la più frequente ed è quella che coinvolge differenti zone cerebrali. Questo tipo di crisi si divide in:
    • Toniche: sono caratterizzate da contrazioni muscolari generalizzate
    • Tonico-cloniche: chiamate anche Grande Male, sono le più frequenti. Si tratta di un’alternanza tra contrazioni e brevi rilassamenti
    • Miocloniche: sono così definite le contrazioni di uno o più gruppi di muscoli
    • Atoniche: ovvero quando si riscontra perdita di tono in uno o più gruppi di muscoli
    • Assenze: quando il cane sembra svenire e rimane senza coscienza per uno o più minuti
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Oltre ai fattori precedentemente esposti, le crisi epilettiche si dividono anche in base alla frequenza:

  • Crisi Singola : le crisi epilettiche avvengono a più di 24 ore di distanza le une dalle altre
  • Cluster di Crisi (chiamata anche Crisi a Grappolo) : gli attacchi epilettici avvengono a meno di 24 ore gli uni dagli altri, solitamente nel giro di massimo qualche ora
  • Stato di Male Epilettico : la crisi dura per più di 5 minuti oppure tra un attacco e l’altro il cane non riprende conoscenza

Cosa fare durante un attacco epilettico del cane? Una crisi epilettica canina può spaventare gli umani, ma per il bene del nostro amico a quattro zampe è importante mantenere la calma, Innanzitutto è bene ricordare che il cane non ha coscienza di sé, per cui non si rende conto di quello che gli sta succedendo e non prova alcun dolore,

  • Durante questi momenti è bene monitorare la crisi annotando le tempistiche, i comportamenti del cane, i sintomi ed ogni possibile informazione che può essere utile al veterinario,
  • La cosa migliore da fare sarebbe riprendere la crisi con il cellulare, in modo che il veterinario possa vedere effettivamente la sintomatologia.

Oltre a mantenere la calma, durante la crisi è fondamentale allontanare gli altri animali presenti in casa in modo che non si spaventino troppo e non rischino di aggredire il cane in preda alla crisi. Inoltre è consigliato non cercare di abbracciare o accarezzare il cane, in quanto non avendo coscienza di sé stesso potrebbe mordere.

Lo Stato di Male Epilettico Ricordiamo che più crisi convulsive che si verificano in un tempo limitato, ad intervalli via via più brevi, sono definite a crisi “a grappolo”, e questa escalation di frequenza ed intensità spesso prelude allo “stato epilettico”, La condizione di stato epilettico è quindi caratterizzata da crisi convulsive ripetute, che perdurano per 5 minuti o più, in maniera continuativa o separate da brevi intervalli di tempo durante i quali l’animale non ritorna ad uno stato di coscienza,

Si tratta di una condizione molto pericolosa perché può potenzialmente causare al cane danni cerebrali irreversibili oppure, nei casi più gravi, può portare alla morte. Per questo, come norma generale di comportamento, se alla prima crisi convulsiva è ancora possibile prendere tempo, nel caso dell’instaurazione di un “grappolo” o qualora si stiano osservando i sintomi dello “stato epilettico”, è di assoluta importanza recarsi presso una struttura veterinaria nel più breve tempo possibile, dove il cane possa essere tempestivamente soccorso con l’impiego di farmaci anticonvulsivanti endovenosi, nel tentativo di sedare le crisi ed evitare i danni irreversibili che ne potrebbero derivare.

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Quanto dura un cane con crisi epilettiche?

Quanto dura una crisi epilettica nel cane? – Non c’è una durata specifica, può durare qualche secondo fino a qualche minuto. Se avvengono più crisi epilettiche in 24 ore le crisi prendono il nome di crisi epilettiche a grappolo. Contatta subito il tuo veterinario e utilizza la cartella clinica veterinaria messa a disposizione da DoctorVet per segnare l’ora e la durata della crisi epilettica.

Come capire se il cane ha un problema neurologico?

Quali sono i problemi neurologici del cane – I cani anziani sono più soggetti a manifestare le malattie neurologiche, ma le patologie del sistema nervoso possono colpire anche i cani più giovani ad esempio per cause genetiche, oppure come conseguenza di traumi o lesioni.

  • Per diagnosticare una malattia neurologica del cane è necessario prestare attenzione ad alcuni sintomi, in particolare: difficoltà a camminare, perdita dell’equilibrio, convulsioni e spasmi muscolari, andatura strana e testa sbilenca, comportamenti anomali, tremori.
  • Tutti questi sintomi sono generalmente associati a problemi neurologici del cane come la sindrome vestibolare, la demenza, le turbe nervose.

Anche ictus, trombosi o ischemie cerebrali, oppure tumori possono causare problemi neurologici. Un’altra causa di malattia neurologica è anche l’idrocefalo (specialmente nei cani di piccola taglia ) e la sindrome degenerativa senile. Anche la rabbia di origine virale può essere causa di problemi neurologici.

Avendo a che fare con sintomi molto vari, non sempre è facile diagnosticare una malattia neurologica ed è per questo che, alle prime avvisaglie, è necessario consultare il veterinario e fornirgli tutte le informazioni necessarie per fare una diagnosi veloce e corretta anche grazie ad analisi di laboratorio ed altri esami.

Se il sospetto è che il nostro amico a 4 zampe possa avere una patologia infettiva, come la neosporosi e la toxoplasmosi, che possono causare un’encefalite, il medico prescriverà delle analisi al sangue, nel caso invece sospetti un tumore potrebbe rendersi necessario un esame ai raggi x.

Un altro problema neurologico del cane è l’epilessia, che è causata da un’anomalia elettrica neuronale e può avere cause genetiche ed ereditarie oppure essere conseguenza di lesioni cerebrali o malattie metaboliche. Alcune razze di cani sono più soggette a soffrire di epilessia. Si tratta del Pastore Tedesco, del Cane da Pastore Belga Tervuren, del Golden Retriver e del Beagle.

Le cure consistono nella somministrazione di farmaci anticonvulsivanti per ridurre la frequenza e l’intensità delle crisi.

Cosa fare se il tuo cane trema?

Quando rivolgersi al veterinario per il tremore del cane – A volte, il motivo per cui il cane trema può essere dovuto a qualcosa di più serio. Se il cane inizia improvvisamente a tremare, a scuotersi o a rabbrividire, o se inizia a manifestare altri sintomi come diarrea, vomito o zoppia, è bene portarlo subito dal veterinario.

Quanto costa curare un cane epilettico?

I farmaci per curare l’epilessia nel cane – Fino ad oggi la situazione era molto chiara. Non esistendo nessun farmaco ad uso veterinario per curare l’epilessia, venivano somministrati Gardenale e/o Luminale, entrambi acquistabili solo su presentazione di ricetta medica, prescrivibile anche da un veterinario. La registrazione di questo nuovo farmaco comporta due grossi problemi:

Dosaggio : Gardenale e Luminale hanno attualmente dosaggi che consentono una combinazione ampia, che serve ad ottenere il dosaggio più adatto in base al peso dell’animale e alle necessità. Il Soliphen, al contrario, ha un unico dosaggio: 60mg. Le compresse sono divisibili in 4 parti, così come quelle umane, ma non sempre è possible ottenere il dosaggio desiderato, con evidenti rischi di sovradosaggio o dosaggio insufficente. In questi casi si potrà assistere rispettivamente a effetti collaterali a lungo termine (dose in eccesso) o rischio che il farmaco non riesca a controllare le crisi convulsive. Costo : triplicato. Questa circostanza inciderà pesantemente sul bilancio familiare per (si tratta di un farmaco da prendere a vita nella maggior parte dei casi). Si passa da una spesa di circa 5/10€ al mese a circa 20, o anche 50€ al mese.

Preghiamo tutti i nostri lettori di firmare la petizione. Basta cliccare sul link in fondo all’articolo e inserire i propri dati. Questo il testo della petizione : “Chi ha un cane o un gatto epilettico affronta spese esorbitanti: esami almeno semestrali molto costosi ed esami diagnostici ( tac,risonanza magnetica,prelievo del liquor) dal costo improponibile.L’epilessia del cane e del gatto è spesso curata col Gardenale ad uso umano che per alcuni animali rappresenta la differenza tra la vita ( se pur con crisi epilettiche ) e la morte ! Dal 17 marzo 2017 il Gardenale dovrà essere sostituito con un farmaco,il Soliphen,in tutto e per tutto uguale ma a solo uso animale DAL COSTO TRIPLICATO !! Noi proprietari di cani e gatti epilettici dovremmo affrontare sacrifici quotidiani solo perchè si considerano cani e gatti come oggetti di lusso ! VOGLIAMO POTER CONTINUARE A SOMMINISTRARE IL GARDENALE !!!!!” Non perdere tutti gli Aggiornamenti GRATIS: Clicca su Mi Piace! commenti : Cane epilettico: costi triplicati per le cure.

Quando il cane si irrigidisce e trema?

Domanda di: Anastasio Marini | Ultimo aggiornamento: 30 marzo 2023 Valutazione: 4.7/5 ( 36 voti ) Il cane trema, inoltre, come sintomo di alcune situazioni patologiche come febbre, nausea, alterazioni metaboliche (ipoglicemia, ipertiroidismo, insufficienza surrenalica), patologie neurologiche (infiammazioni cerebrali, encefalopatia epatica, epilessia idiopatica), insufficienza renale cronica, Erlichiosi da zecca.

Come si manifesta l’ictus nei cani?

Ictus nei cani, come riconoscerlo per poter intervenire Seppur con un’incidenza minore rispetto alle persone, anche il cane può avere un ictus, Si tratta di una condizione causata solitamente dall’improvvisa interruzione del flusso di sangue al cervello ( ictus ischemico ) oppure da una rottura dei vasi sanguigni che porta a sanguinamento nel cervello ( ictus emorragico ).

  1. L’ictus comporta la morte delle cellule cerebrali del cane, influenzandone il suo stato di salute ed il suo comportamento.
  2. Tutti i cani potrebbero soffrire di ictus, ma quelli più propensi ad averne uno, secondo il parere degli esperti, sembrano essere i cani anziani, quelli in sovrappeso e quelli con preesistenti problemi di salute, come malattie cardiache, pressione alta, etc.

Ma non solo, sono predisposti anche i cani con pregressi problemi di coagulazione, malattie renali, cancro e diabete. Se il problema viene classificato come ictus, i sintomi persisteranno per più di 24 ore; se invece si risolvono prima di questo lasso di tempo, allora si parla di un attacco ischemico transitorio (TIA). Innanzitutto è molto importante essere al corrente che l’ictus nel cane è un evento improvviso; quindi questo può passare velocemente da una condizione di benessere ad una di malessere. Tuttavia, i sintomi possono essere diversi e saper riconoscere i segnali dell’ictus è importante, anche perché potrebbe in realtà trattarsi di condizioni che possono essere associate a patologie differenti da questo, seppur ugualmente importanti da diagnosticare. Se il cane presenta uno o più sintomi sopra citati, la prima cosa da fare è mantenere la calma – seppur estremamente difficile per molti, ma il nostro amico Fido ha bisogno di aiuto e quindi è necessario mantenere un atteggiamento concentrato e positivo per poterlo aiutare – e rivolgersi immediatamente al veterinario.

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Egli potrà suggerire di controllare la parte interna della bocca e degli occhi che, in assenza di ossigenazione, potranno risultare rossi. Opportuno sarebbe inoltre portarlo in ambulatorio, in modo tale da permettere al veterinario di effettuare tutti gli accertamenti necessari per una corretta diagnosi e potrà così intervenire nel modo più opportuno.

In tal caso si potranno utilizzare anche strumenti più idonei per diagnosticare se il cane abbia avuto o meno un ictus, come ad esempio la Tac o la Risonanza magnetica. Ogni intervento messo in atto dall’esperto servirà per ridurre al minimo la problematica, sia attraverso una terapia farmacologica che tramite un intervento chirurgico.

Qual è il miglior farmaco per l’epilessia?

I farmaci antiepilettici ‘classici’, o di I generazione, sono acido valproico, carbamazepina, fenitoina e fenobarbital ; sono disponibili da molti anni e spesso sono farmaci di prima scelta essendo ad oggi ancora i più efficaci, in particolare acido valproico e carbamazepina.

Quanto tempo ci vuole per guarire dall epilessia?

Quando si guarisce? – Oggi si considera guarito il soggetto che non è vittima di crisi epilettiche da almeno dieci anni, Succede però, di osservare ricadute in pazienti che siano stati già considerati guariti. Pertanto, è opportuno prestare molta attenzione prima di sospendere le terapie antiepilettiche ed è consigliabile che siano gli specialisti a certificare la guarigione,

Spiega il professor Albanese: “Di epilessia ci sono tanti tipi e tante forme. È una malattia curabile e che può guarire. In generale si può considerare una soglia standard di dieci anni senza crisi per ritenere un paziente guarito. L’ideale resta però considerare ogni specifico caso, per valutare se sia consigliabile o meno prendere in considerazione la riduzione o la sospensione della terapia antiepilettica”.

Specialista in Neurologia

Cosa succede al cervello quando si ha una crisi epilettica?

Che cosa è l’epilessia? – L’ epilessia è una malattia neurologica cronica caratterizzata da una persistente predisposizione del cervello a generare crisi epilettiche, Quasi il 10% delle persone può avere esperienza di una crisi durante la vita ma se manca una causa o se il fenomeno non ricorre nel tempo non si tratta di epilessia.

A quale età si manifesta l’epilessia?

L’Epilessia si manifesta a tutte le età, anche se in oltre il 60% dei casi l’esordio avviene in età pediatrica. Cardine della diagnosi e di una corretta terapia è l’Elettroencefalogramma, esame del tutto innocuo con cui registriamo l’attività elettrica cerebrale.

Che differenza c’è tra convulsioni e crisi epilettiche?

Nelle sindromi convulsive si verificano alterazioni periodiche dell’attività elettrica del cervello, che si traducono in una disfunzione cerebrale transitoria di grado variabile.

Molte persone hanno sensazioni insolite subito prima dell’inizio di una crisi convulsiva. Alcune crisi convulsive causano scuotimenti incontrollabili e perdita di coscienza, ma talvolta le persone smettono semplicemente di muoversi o perdono la consapevolezza di quello che sta succedendo. Il medico sospetta la diagnosi sulla base dei sintomi, ma solitamente sono necessari esami di diagnostica per immagini del cervello, esami del sangue ed elettroencefalografia (per registrare l’attività elettrica del cervello) allo scopo di identificare la causa. Se necessario, i farmaci possono aiutare a prevenire le crisi convulsive.

La funzione cerebrale fisiologica richiede una scarica di impulsi elettrici organizzati e coordinati. Gli impulsi elettrici collegano l’encefalo al midollo spinale, ai nervi e ai muscoli, così come alle strutture interne. Le crisi convulsive si verificano quando l’attività elettrica del cervello è interrotta.

Circa il 2% degli adulti presenta una crisi convulsiva in un determinato momento della vita. In due terzi di queste persone, si tratta di un episodio isolato. Le sindromi convulsive si manifestano nella prima infanzia o in età avanzata. Le convulsioni possono essere classificate in: Alcuni disturbi mentali possono causare sintomi che assomigliano alle crisi convulsive, chiamate convulsioni non epilettiche psicogene o pseudo-convulsioni.

Le cause più comuni dipendono dal momento d’inizio della crisi convulsiva:

Anziani: La causa può essere un tumore cerebrale o un ictus.

Le crisi convulsive che non hanno una causa identificata sono chiamate idiopatiche. Alcune condizioni che irritano il cervello, come lesioni, alcuni farmaci, mancanza di sonno, infezioni, febbre, oppure che privano il cervello di ossigeno o di carburante, come ritmi cardiaci anormali Panoramica sulle alterazioni del ritmo cardiaco Le alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie) sono sequenze di battiti cardiaci irregolari, accelerate, rallentate o condotte attraverso il cuore secondo un percorso elettrico anomalo., un basso livello di ossigeno nel sangue o un livello molto basso di zucchero nel sangue ( ipoglicemia Ipoglicemia L’ipoglicemia consiste nella riduzione patologica dei livelli di zucchero (glucosio) nel sangue. L’ipoglicemia è il più delle volte causata dai farmaci assunti per controllare il diabete.

Sono sottoposti a eccessivo stress fisico o emotivo. Sono intossicati o deprivati del sonno. Hanno smesso improvvisamente di bere o di usare sedativi.

Può essere di aiuto il fatto di evitare queste situazioni. Raramente, tali crisi sono scatenate da suoni ripetuti, luci lampeggianti, videogiochi o anche da stimoli tattili a livello di alcune parti del corpo. In questi casi, il disturbo è chiamato epilessia da riflesso.

Quali sono le conseguenze dell epilessia?

Epilessia e crisi epilettiche: conseguenze e trattamento L’epilessia (dal greco επιληψα ) è una malattia cronica neurologica, caratterizzata da crisi ricorrenti, improvvise e anomale. Questa patologia interessa circa 1 persona su 100, si stima che in Europa circa 6 milioni di persone presentino un’epilessia in fase attiva.

  1. I maggiori picchi di incidenza sono presenti nei bambini, nei giovani adulti e negli anziani.
  2. Le crisi epilettiche sono favorite da fattori che aumentano l’eccitabilità elettrica delle cellule nervose e abbassano la naturale soglia della loro scarica spontanea, come l’uso o la sospensione improvvisa di certi farmaci, droghe o alcool, febbre, deficit di sonno, alterazioni degli elettroliti, e, infine, fattori genetici e metabolici.

Le crisi epilettiche si dividono in crisi focali (o parziali) e in crisi generalizzate. Le prime iniziano in una zona circoscritta di cellule nervose in un emisfero del cervello, da cui possono propagarsi ad altre aree cerebrali. Le seconde, invece, coinvolgono fin dall’inizio i due emisferi.

  1. Oltre ad essere suddivise secondo il tipo di crisi, le epilessie vengono classificate in sindromi epilettiche, che raggruppano una serie di sintomi e segni che si manifestano insieme e costituiscono una particolare condizione clinica.
  2. Si distinguono in epilessie generalizzate e localizzate, sintomatiche (dovute a malformazioni, traumi, tumori) e idiopatiche (provocate da un difetto genetico).

Ci sono anche sindromi in cui l’insorgenza è in relazione all’età e sindromi dove, invece, non esiste questa relazione. Per la diagnosi di epilessia è necessaria un’accurata valutazione dei sintomi e della storia clinica, che deve possibilmente comprendere anche le osservazioni dettagliate da parte di terzi, in quanto l’alterazione e la perdita di coscienza spesso impediscono una descrizione dettagliata dei sintomi da parte del paziente stesso.

L’elettroencefalogramma (EEG) rileva l’attività elettrica del cervello ed è un’analisi fondamentale, perchè le alterazioni elettriche, spesso molto indicative, possono essere presenti anche in assenza di sintomi. Altri esami diagnostici includono la Risonanza Magnetica (RM) o la TAC cerebrale e gli esami di laboratorio, e sono indicati per accertare o escludere cause specifiche.

Normalmente le crisi epilettiche si risolvono spontaneamente entro pochi minuti. Quando perdurano o quando si ripetono in modo ravvicinato si tratta di uno stato di male epilettico, che rappresenta un’emergenza medica che richiede una terapia immediata.

senso di impotenza psicologica terrore di perdere il controllo angoscia disturbi dell’umore stigma disadattamento disturbi cognitivi (soprattutto della memoria e dell’attenzione)

: Epilessia e crisi epilettiche: conseguenze e trattamento

Come fare una dieta casalinga per cani?

Alimenti Consigliati e Vietati – La dieta cosiddetta casalinga consiste essenzialmente nella combinazione di carne + fonti amilacee + verdure, con l’aggiunta di eventuali complementi ( oli vegetali, integratori di vitamine, farina di ossa, lievito dietetico ecc.).

Che cos’è la taurina che c’è nel mangiare dei cani?

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  1. La taurina è una parte essenziale della dieta di cani e gatti, particolarmente suscettibile alla cardiomiopatia.
  2. Un composto organico proveniente dal gruppo di nutrienti degli amminoacidi, che è un’aggiunta necessaria all’integrazione alimentare giornaliera di cani e gatti in caso di carenze derivanti da disturbi della sua sintesi.

La taurina è essenziale per il corretto funzionamento del muscolo cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso e svolge un ruolo significativo nel meccanismo della coagulazione del sangue. È inoltre un elemento necessario per la produzione di acidi biliari, che regolano il pancreas e il fegato.

Indicazioni: carenza di taurina, insufficienza cardiaca, malattia del miocardio, una dieta ricca di carne cotta o cruda (manzo, vitello, pollo) e alimenti prodotti con insufficiente contenuto di taurina. Gatti: una parte estremamente importante della dieta di un gatto. La carenza di taurina provoca il sottosviluppo dei difetti del tubo neurale nei gattini, lo sviluppo della cardiomiopatia, la retinopatia che porta alla cecità totale.

Cani: la prevenzione della cardiomiopatia, alla quale appartengono razze particolarmente sensibili come: pastore tedesco, boxer, dobermann, alano, labrador, golden retriever, san bernardo, barboncino, levriero afghano. Ingredienti : taurina 99%, senza aggiunte additivi Dosi giornaliere Cani: 20mg per 1 kg di peso corporeo oppure 1 grammo per 1Kg di cibo Gatti: 250-400 mg al giorno Somministrazione : s ciogliere la taurina in una piccola quantita’ di acqua calda.

Che cos’è l’epilessia idiopatica?

Epilessia – Dr. Reinhard Prior – Neurologo – Docente di Neurologia – Roma Il termine ‘crisi epilettica’ descrive una varietà di sintomi neurologici dovuti a una scarica elettrica anomala, sincronizzata e prolungata di cellule nervose della corteccia o del tronco cerebrale.

  • Il 5% di tutte le persone ha almeno una crisi epilettica durante la sua vita, ma non è considerato affetto da epilessia.
  • La diagnosi di epilessia implica una tendenza a crisi epilettiche ripetute che si trova nello 0.5% della popolazione.
  • Crisi epilettiche sono favorite da fattori che aumentano l’eccitabilità elettrica delle cellule nervose e abbassano la naturale soglia alla loro scarica spontanea: l’uso o la sospensione improvvisa di certi farmaci, droghe o alcool; febbre, deficit di sonno, alterazioni degli elettroliti, e infine fattori genetici e metabolici.

Si parla di epilessia idiopatica o primaria quando la storia clinica e gli esami diagnostici non rivelano cause per crisi epilettiche ripetute. Mentre la maggior parte delle epilessie idiopatiche è infatti dovuta a fattori genetici e metabolici ancora sconosciuti e si manifesta in età infantile o adolescente, una grande parte delle epilessie secondarie si manifesta dopo i 40 anni.

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Cause di epilessie secondarie sono tumori e traumi cerebrali, ischemie o emorragie cerebrali, la trombosi dei seni cerebrali venosi, malformazioni vascolari, e malattie infiammatorie del cervello come vasculiti, meningiti, encefaliti o la sclerosi multipla.Per la diagnosi di epilessia è necessaria un’accurata valutazione dei sintomi e della storia clinica, che deve possibilmente comprendere anche le osservazioni dettagliate da parte di terzi, in quanto l’alterazione o la perdita di coscienza spesso precludono una descrizione dei sintomi da parte del paziente stesso.

L’elettroencefalogramma (EEG) rileva l’attività elettrica del cervello ed è un’analisi fondamentale nella diagnosi dell’epilessia, perché le alterazioni elettriche, spesso molto indicative, possono essere presenti anche in assenza dei sintomi. Al di fuori delle crisi epilettiche, però, le alterazioni elettriche possono mancare, pertanto un EEG normale registrato al di fuori di una crisi non esclude la diagnosi di epilessia.

Altri esami diagnostici includono la risonanza magnetica o TAC cerebrale ed esami di laboratorio, e sono indicati per accertare o escludere cause specifiche.In base alla sintomatologia clinica e al tracciato EEG delle crisi epilettiche si distinguono epilessie generalizzate (le scariche anomale iniziano contemporaneamente nei due emisferi cerebrali) ed epilessie parziali o focali (le scariche anomale iniziano in una determinata parte del cervello).

Quando le scariche iniziano localmente per poi diffondersi a tutto il cervello si parla di epilessia secondariamente generalizzata. I più frequenti tipi di crisi epilettiche generalizzate e parziali sono:Crisi di tipo tonico-clonico (“grande male”): sono crisi generalizzate che possono avere sintomi premonitori (aura: irritabilità, ansia, cefalea) e iniziano con perdita della coscienza, deviazione degli occhi in alto per poi continuare con contrazioni muscolari generalizzate e simmetriche (fase tonica), che in seguito sono interrotte da brevi rilassamenti della muscolatura (fase clonica).

  1. L’alternanza tra contrazione e rilassamento dà il tipico aspetto di scosse muscolari ritmiche (‘convulsioni’), che verso la fine dell’attacco diminuiscono di frequenza.
  2. Le crisi durano in genere meno di un minuto e sono seguite da uno stato confusionale con stanchezza e dolore muscolare.
  3. Quest’ultimo è dovuto all’intensità delle contrazioni muscolari involontarie, che possono anche causare ferite (morso della lingua), traumi cranici o fratture ossee.Crisi di assenza (“piccolo male”): sono crisi generalizzate e brevi (meno di 10 secondi) che si manifestano tipicamente in età infantile e scolastica.

Sono caratterizzate da un improvviso arresto motorio con uno stato di coscienza apparentemente conservato. Tuttavia, durante le crisi di assenza, il bambino non è in grado di rispondere e in seguito non ricorda l’episodio. Possono essere accompagnate da contrazioni ritmiche della muscolatura mimica o più raramente da altri fenomeni di tipo tonico o atonico.Crisi di tipo tonico, atonico o mioclonico: sono crisi generalizzate di breve durata, con o senza perdita della coscienza.

Si verificano in bambini con sindromi epilettiche o durante malattie febbrili.Crisi parziali semplici: sono crisi focali durante le quali coscienza e memoria sono conservate. I sintomi sono multiformi perché dipendono dalla localizzazione cerebrale delle scariche. Se queste avvengono nella corteccia motoria, i sintomi possono consistere nella rotazione della testa e degli occhi e in contrazioni muscolari da un lato del corpo.

Altri sintomi sono la sensazione di formicolio o sensazioni di tipo visivo, uditivo o gustativo anomale. Quando sono coinvolti centri nervosi autonomi, i sintomi possono essere avvertiti come disagio nella regione addominale, pallore o sudorazione. Infine, i sintomi possono essere psichici con sensazioni anomale e improvvise di ansia, una percezione distorta della propria persona, dell’ambiente e del tempo, allucinazioni, o la percezione di aver già vissuta o mai vissuta una particolare situazione (“déjà vu”, “jamais vu”).Crisi parziali complesse (‘psicomotorie’): sono crisi focali con alterazione dello stato di coscienza, incapacità di comunicare ed eliminazione della memoria per il tempo della crisi.

Come nelle crisi parziali semplici, i sintomi dipendono dalla localizzazione delle scariche, la quale – al contrario di quanto era suggerito in passato – non è limitata al lobo temporale. Iniziano con l’arresto improvviso dell’attività corrente e sono spesso caratterizzati da movimenti automatici ripetuti della bocca o gesti automatici delle mani, linguaggio automatico e alterato, movimenti oculari o comportamento anomalo.Normalmente le crisi epilettiche si risolvono spontaneamente entro pochi minuti.

Quando perdurano o quando si ripetono in modo ravvicinato si tratta di uno stato di male epilettico che rappresenta (soprattutto quando le crisi sono di tipo convulsivo) un’emergenza medica che richiede terapia immediata. Stati epilettici protratti possono essere letali perché possono portare a grave insufficienza respiratoria.Oltre ad essere suddivise secondo il tipo di crisi, le epilessie vengono classificate in sindromi epilettiche, che raggruppano determinati tipi di crisi con altri aspetti clinici caratteristici.

Le più importanti sindromi sono l’epilessia del lobo temporale, l’epilessia rolandica, le epilessie miocloniche dell’infanzia e dell’età giovanile, l’epilessia con assenze, la sindrome di West e la sindrome di Lennox-Gastaut.La farmacoterapia dell’epilessia impiega farmaci antiepilettici, che con diversi meccanismi stabilizzano le proprietà elettriche della membrana delle cellule nervose, impedendo così le scariche elettriche spontanee.

Si tratta perciò di una terapia sintomatica che non elimina la causa dell’epilessia. Tuttavia garantisce una vita normale a molti pazienti che altrimenti sarebbero gravemente limitati o minacciati da frequenti crisi epilettiche. La terapia deve tenere conto della situazione e delle esigenze individuali del paziente e va indicata con cura, perché è prolungata e con effetti collaterali potenzialmente gravi, che possono comunque essere minimizzati nella maggior parte dei casi.

  1. In particolare, deve essere probabile o sicura la diagnosi di epilessia, e deve essere probabile che le crisi epilettiche si ripetano nel futuro.
  2. La terapia, perciò, non si inizia dopo una prima e singola crisi epilettica o senza che sia accertata una causa dell’epilessia che renda probabile crisi ripetute.

Vanno inoltre considerate la frequenza delle crisi e la loro gravità clinica, relazionandole alla situazione personale e professionale del singolo paziente. Infine, è necessario eliminare fattori di rischio evitabili come il deficit di sonno o l’abuso di alcool.

  1. La scelta del farmaco deve considerare il tipo di crisi e la sindrome epilettica, la durata della terapia e i possibili effetti collaterali sempre rispetto alla situazione del singolo paziente.
  2. È importante iniziare con un dosaggio basso che va gradualmente aumentato per trovare la minima dose sufficiente a controllare le crisi.I classici farmaci antiepilettici sono valproato e carbamazepina (che sono spesso i farmaci di prima scelta), fenitoina e fenobarbital.

Da pochi anni è disponibile una serie di farmaci di nuova generazione (felbamato, gabapentin, lamotrigina, levetiracetam, oxcarbazepina, tiagabina, topiramato, vigabatrin) usati per indicazioni particolari o per aumentare l’efficacia della terapia quando la monoterapia con un antiepilettico classico non riesce a sopprimere le crisi epilettiche.

Studi clinici recenti indicano che gabapentin, lamotrigina e oxcarbazepina possono essere usati anche in monoterapia, mentre felbamato e vigabatrin comportano il rischio di effetti collaterali così seri da restringerne l’uso ad epilessie resistenti ad altri farmaci e indicazioni pediatriche particolari.

L’uso di etosuccimide è ristretto alle crisi di assenza. Per la terapia acuta di una crisi epilettica sono disponibili diazepam, lorazepam, clonazepam e fenitoina per via endovenosa o rettale. Farmaci antiepilettici possono interagire tra di loro e con altri farmaci con possibile variazione della loro efficacia e tossicità.

  • Per adeguare il dosaggio dei farmaci e controllare la regolare assunzione è perciò utile il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche che è possibile per i farmaci maggiormente usati.
  • Il monitoraggio plasmatico tuttavia è uno strumento ausiliare, è più importante il giudizio clinico che paragona l’efficacia del farmaco verso i potenziali effetti collaterali.La durata della terapia antiepilettica dipende dal tipo, dalla causa e dalla evoluzione spontanea dell’epilessia.

Generalmente si propone una graduale riduzione dei farmaci quando per 2-5 anni non si sono più verificate crisi epilettiche e quando sono assenti o minime le alterazioni dell’EEG. Nel 80% dei casi le crisi riappaiono entro 6 mesi dopo la sospensione dei farmaci con la conseguente necessità di riprendere la terapia.

La prognosi è migliore quando le crisi sono infrequenti e controllate con basse dosi di un farmaco.Poiché l’epilessia interessa in molti casi l’età riproduttiva, la gravidanza pone questioni particolari per la farmacoterapia, in quanto nessuno dei farmaci è privo di rischio malformativo (teratogeno) per il feto.

Il rischio teratogeno è da confrontare col rischio che possono comportare le crisi epilettiche per traumi o ischemia del feto o per l’induzione di aborti spontanei. In casi di crisi infrequenti si può tentare la sospensione dei farmaci fino al quarto mese di gravidanza, dopodiché il rischio teratogeno diminuisce molto e la farmacoterapia può essere ripresa.

  • Con crisi più frequenti è desiderabile una monoterapia al più basso dosaggio possibile.
  • In ogni caso vanno evitati valproato e topiramato e va usata cautela generale con i farmaci di nuova generazione in quanto manca ancora un’esperienza sufficiente riguardo al loro potenziale teratogeno.
  • La gravidanza stessa non influisce in modo significativo sul corso dell’epilessia, può comunque influire sul metabolismo dei farmaci antiepilettici e richiedere un nuovo dosaggio.

Farmaci antiepilettici sono infine in grado di abbassare l’efficacia dei contraccettivi orali col rischio di una gravidanza inosservata durante le prime fasi in cui l’embrione è particolarmente suscettibile all’azione teratogena dei farmaci.Circa il 20% delle epilessie non è sufficientemente controllato nonostante l’impiego di farmaci multipli a dosaggi sufficienti.

In questo caso si propone la terapia chirurgica che asporta la regione cerebrale (nella maggior parte dei casi il lobo temporale medio) in cui originano le crisi epilettiche. È perciò necessario che questa regione sia ben identificabile come origine delle crisi epilettiche e che la sua rimozione non comporti deficit neurologici gravi.

La terapia chirurgica è di successo nel 70-90% dei casi operati e spesso porta a una guarigione completa. Richiede comunque particolare esperienza sia nella fase diagnostica sia in quella chirurgica ed è riservata a centri specializzati.La stimolazione del nervo vago è un approccio terapeutico recente che è indicato in casi di epilessia farmacoresistente in cui la terapia chirurgica sia non possibile o controindicata.

  1. La sua efficacia è inferiore a quella della terapia chirurgica ma è stata dimostrata in una serie di studi clinici.
  2. Richiede l’impianto di un elettrostimolatore che viene collegato con il nervo vago sinistro il quale trasporta le afferenze sensorie dai visceri al cervello.
  3. Per un meccanismo ancora sconosciuto la modulazione terapeutica della sua attività elettrica influenza l’attività elettrica cerebrale in modo da rendere il cervello meno suscettibile alla formazione di focolai epilettici.

Come la terapia chirurgica, la stimolazione del nervo vagale richiede l’assistenza da parte di centri specializzati. Le principali attività della ricerca sull’epilessia sono concentrate sulla scoperta di farmaci ancora più efficaci e sempre meglio tollerati anche con il mezzo di modelli sperimentali sempre più raffinati.

Inoltre, verranno provati nuovi protocolli di elettrostimolazione e l’applicazione di farmaci antiepilettici tramite sonde intracerebrali che rilasciano il farmaco solo nella regione in cui originano le crisi epilettiche. In tal modo si potrebbe raggiungere un effetto specifico evitando gli effetti collaterali del farmaco sul tessuto cerebrale sano.

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